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Il Sole 24 Ore

Veronafiere supera i ricavi pre Covid. Nel 2023 la crescita va oltre le attese… Archiviata la difficile parentesi del Covid, il gruppo Veronafiere ritrova i livelli pre-pandemia, per quanto riguarda il volume delle attività, le presenze alle manifestazioni e il fatturato, e torna a concentrarsi sullo sviluppo dei prossimi anni. I vertici del gruppo sono infatti al lavoro per redigere il Piano industriale 2024-2026 che sarà presentato entro l’anno ai soci, forti di un 2022 che ha visto il ritorno ai benchmark pre-Covid e di una prima metà del 2023 che ha portato risultati superiori alle previsioni. “Come sta avvenendo per tutto il settore fieristico italiano, anche noi abbiamo registrato un 2022 positivo dal punto di vista del fatturato, nonostante le incertezze e le chiusure dei primi tre mesi dello scorso anno - conferma l’amministratore delegato della società fieristica, Maurizio Danese-. Sul fronte degli utili hanno invece inciso i maggiori costi che abbiamo dovuto affrontare, a causa degli aumenti di materie prime ed energia che non è stato possibile scari care sul mercato». Hanno pesato inoltre gli effetti di alcune scelte fatte dal consiglio di amministrazione per snellire e rendere più efficiente la macchina operativa, in vista degli obiettivi di crescita e competitività che saranno inseriti nel nuovo Piano industriale: principalmente razionalizzazioni e svalutazioni societarie, relative ad alcune società partecipate, accantonamenti prudenziali e un riassetto societario. Il gruppo Veronafiere ha perciò chiuso il 2022 con un disavanzo di circa 5 milioni di euro - una cifra “in linea con i risultati di tutti i principali player italiani del settore”, precisa la società. “Quest'anno ci aspettiamo un ritorno all'utile, ma anche una crescita dei ricavi superiore del 10% rispetto al budget previsionale - spiega Danese -. I risultati del primo semestre hanno già superato le attese, soprattutto per quanto riguarda Vinitaly e Samoter. E i dati di prevendita delle manifestazioni che si terranno nella seconda parte dell’anno sono migliori del previsto”. Continua dunque, e si rafforza, il trend positivo registrato nel 2022: la capogruppo Veronafiere Spa ha registrato lo scorso anno un fatturato di 80,7 milioni di euro, riallineandosi come detto ai valori pre-Covid, e lo stesso è accaduto per l’attività fieristica, con un calendario che lo scorso anno ha registrato 49 fiere ed eventi, di cui 35 in Italia e 14 all’estero in nove Paesi, con la presenza di 750 mila operatori e 11 mila espositori, su una superficie netta venduta di 588 mi1a metri quadrati. Anche il comparto congressuale è ripartito, con 49 appuntamenti (che arrivano a 250 considerando quelli infra-manifestazioni) per 28mila presenze (che, con quelle infrarassegne, salgono a 41mila). Numeri positivi anche per il bilancio 2022 del Gruppo Veronafiere che, con 107,7 milioni di euro di ricavi, è cresciuto del 2,1% rispetto al 2019, mentre l’Ebitda (17,7 milioni) è aumentato del 22,5% rispetto all’ultimo anno pre-Covid. “Abbiamo presentato ai soci un bilancio frutto di precise scelte di razionalizzazione aziendale, di svalutazioni strategiche di alcune delle nostre controllate e dimessa in sicurezza dei conti che ci permettono di avere uno stato patrimoniale risanato e di guardare con rinnovata fiducia al futuro - ha commentato il presidente di Veronafiere, Federico Bricolo -. Il ritorno al fatturato pre Covid ci consente di continuare a creare valore non soltanto per i settori economici rappresentati dalle rassegne in portafoglio diretto, ma anche per il territorio regionale e per la stessa città di Verona”. Il ritrovato ottimismo del gruppo beneficia, oltre che della ripartenza del mercato fieristico italiano e internazionale nel suo complesso, anche di alcune operazioni realizzate negli ultimi due anni, tra cui l’aumento di capitale da 30 milioni di euro da parte dei soci, che ha rafforzato la solidità patrimoniale e la solidità finanziaria, e la rinegoziazione dei finanziamenti. “In questi anni abbiamo lavorato anche per creare un'organizzazione nuova, adatta alle sfide del futuro, che sono tante - osserva Maurizio Danese -. A cominciare dalla necessità di rafforzare la nostra presenza all’estero, anche in sinergia e partnership con altri player italiani del settore. L’internazionalizzazione è l’asset più importante per fare sviluppo”. Proprio l’internazionalizzazione è infatti uno degli obiettivi centrali all’interno del Piano industriale 2024-2026, accanto a quelli della digitalizzazione e alle politiche di sostenibilità.

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