Verso una vendemmia difficile, sotto i 50 milioni di ettolitri … Una vendemmia sotto i 50 milioni di ettolitri. Quella 2023 si annuncia come una vendemmia complessa soprattutto da prevedere. Le abbondanti piogge primaverili hanno lasciato in eredità una vegetazione rigogliosa visibile a occhio nudo in tutto il Paese e, nei vigneti, i presupposti di una produzione ricca. D’altro canto, però, insieme alle piogge sono tornate, dopo due anni di stop causa siccità e caldo, le malattie della vite. Peronospora e oidio nel Centro Sud e flavescenza dorata al Nord erano scomparse negli ultimi anni al punto che i viticoltori ne avevano quasi perso memoria e tra i filari stanno ora lasciando il segno. Colpite dai patogeni soprattutto le regioni della dorsale Adriatica come Abruzzo e Puglia, ma un impatto rilevante è stato riscontrato anche in Campania e in Sicilia con i vigneti dell’Etna per i quali si parla di una vera propria “pandemia” vegetale. “La vigna italiana è in vaste aree sotto attacco della peronospora – hanno commentato Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini che dirameranno le stime ufficiali sulla vendemmia il prossimo 12 settembre – un fungo che sta recando danni considerevoli in diverse regioni italiane. In Abruzzo e Molise si prevedono perdite fino al 40%, in molti areali di Marche, Basilicata e Puglia sono attesi cali nell’ordine del 25-30%. Difficile anche la situazione in Umbria, Lazio e Sicilia e, in parte, in Toscana. In generale, grande sofferenza per il vigneto biologico – che rappresenta quasi il 20% dei filari italiani - che risulta in gran parte compromesso”. Al momento, poco dopo la metà di luglio quindi, e prima che sia stato tagliato un solo grappolo ci si può spingere a immaginare che l’abbondanza di prodotto in alcune zone possa in parte compensare i danni delle malattie della vite in altre. E questo, in assenza di stravolgimenti nei prossimi due mesi (nei giorni scorsi si sono verificate violente grandinate in Veneto), potrebbe portare a un raccolto inferiore ai 50 milioni di ettolitri. In una situazione per giunta opposta rispetto allo scorso anno. Infatti, mentre nel 2022 la vendemmia fu salvata dalle piogge alla fine di una estate calda e siccitosa, l’annata 2023 potrebbe essere invece salvata dal gran caldo e dalla siccità che possono ora frenare la diffusione delle malattie della vite innescate dalle piogge. D’altro canto, va ricordato, ci sono giacenze di vino ai massimi storici, a giugno 49,5 milioni di ettolitri (esclusi i mosti) in crescita del 5,1% rispetto a giugno 2022 con una punta del +9,7% per i vini a denominazione d’origine. Il tutto in un quadro di mercato pesante. Le elaborazioni di Ismea e Unione italiana vini parlano di un mercato difficile per il vino italiano. Nel primo quadrimestre l’export ha registrato un -0,7% in volume e un più 2% in valore. Divaricazione ancora più ampia nella grande distribuzione italiana dove nei primi sei mesi dell’anno sono calate del 3,9% le quantità vendute mentre il fatturato è cresciuto del 3,5%. E i segni positivi sono legati soprattutto all’inflazione. In particolare, difficoltà si segnalano per i vini rossi Dop, le cui vendite sugli scaffali sono calate del 6,9% mentre il Prosecco ha fatto segnare nella Gdo un -5,8 per cento. Primo segno meno da dieci anni. “Il settore sta vivendo una stagione complessa – ha commentato il responsabile dei servizi per lo sviluppo rurale di Ismea, Fabio Del Bravo –. La domanda sia interna che estera è debole per giunta in un contesto di giacenze elevate e prezzi che non soddisfano le aspettative dei viticoltori”. “A proposito del ritorno delle malattie – ha commentato il presidente di Assoenologi, Riccardo Cotarella – qualcuno sarebbe tentato di dire che non tutti i mali vengono per nuocere. Ma non è così. Se c’è troppa uva calano i prezzi e questo riduce il reddito dei viticoltori. Ma se non c’è uva gli agricoltori restano senza alcun reddito. E in alcune aree soprattutto del Centro-Sud si parla di cali anche del 60 per cento. L’unico modo per cercare di limitare i danni è attuare una attenta conduzione scientifica del vigneto. Dobbiamo ricorrere sempre più alla viticoltura di precisione e affidarci alla ricerca e all’innovazione per adattare la vigna ai cambiamenti climatici”. “La peronospora – ha commentato il presidente dell’Unione italiana vini – non può essere il rimedio al problema delle giacenze. Una malattia non può risolvere una debolezza del sistema. Se quest’anno, e sottolineo se, dovessimo avere una produzione inferiore ai soliti 50 milioni di ettolitri sarà per effetto di un parassita che colpisce in modo lineare, sia le vigne buone che quelle meno buone. Dobbiamo invece affrontare il tema della sovrapproduzione. Le vendemmie da 50 milioni di ettolitri sono qualcosa di anacronistico per un Paese leader che dovrebbe concentrare la propria azione su obiettivi di crescita non dei volumi ma di posizionamento verso l’alto. Riteniamo che, per controbilanciare un trend, che a fine luglio ci porterà ad avere il maggior carico di stock in cantina degli ultimi dieci anni, serva una maggiore razionalizzazione dell’offerta, basata su tassi consoni di vino rivendicato/imbottigliato, regole più stringenti su riclassificazioni e declassamenti, specializzazione dei distretti per vocazionalità”. “Oggi – ha concluso Frescobaldi – non ci si può più permettere di produrre vini senza nome e cognome (quelli generici) e di avere un terzo delle Dop-Igp che imbottiglia meno del 40% del proprio potenziale. Occorrono scelte radicali anche in chiave promozione, con la valutazione della reale efficacia delle attività svolte all’estero”.
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