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Il Sole 24 Ore

Vini di qualità, Biondi Santi (Gruppo Epi) a caccia di cantine di fascia alta in Piemonte… In quattro anni il prezzo medio del Brunello di Montalcino base di Biondi Santi è passato da 100-110 euro a bottiglia a oltre 200 con un balzo di oltre l’80%. È il principale risultato della strategia di rilancio e rafforzamento del posizionamento avviata dal nuovo management della celebre cantina di Montalcino, quella nella quale fu “inventato” il Brunello da Ferruccio Biondi Santi alla fine dell’800, e che dal 2016 è passata sotto il controllo della Epi, finanziaria che fa capo alla famiglia francese Descours attiva prima nel real estate poi nell’abbigliamento e ora sempre più decisa a investire nel vino. Settore nel quale era prima sbarcata con lo Champagne e poi scommettendo sul vino italiano prima con una delle vere e proprie griffe del vino italiano, Biondi Santi, e poco dopo (nel 2022) con un’altra cantina dal grande potenziale: Isole e Olena nel Chianti classico. “La chiave della strategia di riposizionamento - ha spiegato il ad di Biondi Santi, Giampiero Bertoli ni - è stata nella distribuzione. Certo abbiamo anche cambiato la comunicazione in senso più selettivo riallacciando rapporti con i sommelier e la critica ma il perno della strategia è stato l’anello distributivo. Abbiamo puntato ad allargare la distribuzione per avere un maggior numero di clienti e creare tensione sul mercato. Se un acquirente invece di 10 bottiglie ne può avere 3 sente maggiore tensione. È quello che abbiamo fatto in Italia, Usa, Uk, Svizzera e ora anche Asia. E a giudicare dalla crescita dei prezzi online e nei canali tradizionali la strategia ha colpito nel segno, anzi, siamo in anticipo sulla nostra tabella di marcia. Abbiamo già raggiunto i risultati che avevamo programmato tra due anni. La chiave è creare tensione. Esattamente il contrario di ciò che sta facendo il Consorzio del Brunello allargando in maniera significativa la produzione del Rosso di Montalcino”. Traguardi ottenuti senza alcun cambiamento strutturale, la produzione è infatti la stessa, anzi, a causa del cambiamento climatico si è anche prodotto meno. “Il marchio era già molto forte - aggiunge Bertolini - ma lo abbiamo rilanciato togliendo forse un po’ di “polvere”. E la stessa strategia l'abbiamo avviata anche per Isole e Olena, altro brand forte ma a nostro giudizio con un potenziale ancora inespresso. Rilevando Isole e Olena siamo entrati in due categorie importanti: il Chianti classico e i Supertuscan grazie all’etichetta Cepparello. Anche qui stiamo lavorando su distribuzione e crescita dei prezzi e i risultati sono incoraggianti. Cepparello era venduto attorno ai 70-75 euro e oggi siamo a no a bottiglia. Senza dimenticare il bianco da uve Chardonnay, tra i primi realizzati in Toscana che pure riteniamo abbia un potenziale da sviluppare”. Risultati molto positivi quindi certificati anche dalla classifica dell’indice Liv-Ex che monitora le quotazioni internazionali dei vini premium. Nell’ultimo anno, mentre l’indice generale Liv-Ex ha perso il 12%, Biondi ha messo a segno una crescita del 2,5% che ha consentito di passare dalla 134ma posizione alla 35ma. E grandi progressi sono stati registrati anche da Isole e Olena passata dalla 35oma posizione alla 137ma. Ma Biondi Santi inoltre non vogliono sedersi sugli allori e sono sempre alla ricerca di nuove opportunità di acquisizione. “Che siano però compatibili con il nostro portafoglio - conclude Bertolini -. Non cerchiamo semplicemente una vigna per produrre volumi ma brand forti. In Italia ci interesserebbe investire in Piemonte dove però di brand forti ce ne sono pochi e si fa fatica anche con la vigna perché per mettere insieme 4 o 5 ettari occorrono decine e decine di atti notarili”.

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