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Il Sole 24 Ore

Vini bianchi e bollicine superstar per i rossi invece è crisi profonda … Profondo rosso. È peggiorata nel corso del 2023 la tendenza sui mercati internazionali al calo dei consumi divino rosso. Uno scenario che coinvolge da vicino l’Italia tra i principali produttori mondiali. La flessione nei consumi è cominciata in realtà prima della pandemia, ha poi vissuto una breve stagione di inversione di tendenza con il “revenge spending” che ha contrassegnato il periodo post Covid, ma poi è ripartita nel 2022 aggravandosi ancora nel 2023 anche per effetto dell'inflazione, che ha probabilmente penalizzato i vini rossi più di bianchi e spumanti. Un tema che sarà analizzato con attenzione nell'ambito di “Amarone Opera Prima” la kermesse dedicata a una delle griffe del vino made in Italy, e dei rossi in particolare, da oggi (e fino a domenica) a Verona. Una tendenza evidente innanzitutto su quello che è il principale mercato di consumo divino al mondo: gli Stati Uniti. “Negli Usa- spiega il responsabile dell’Osservatorio del vino dell’Unione italiana vini, Carlo Flamini - le vendite di vini rossi nel 2023 sono calate del 9%. Una flessione che riguarda tutti le principali varietà: dal Cabernet Sauvignon (-7%) al Merlot (-12%), per arrivare al -16% del Syrah. E per il futuro preoccupa soprattutto che il vino sia la bevanda meno presente tra i consumatori giovani con una quota del 13% contro il 30% di spirits e birra”. I vini rossi non se la passano bene neanche in Europa, dove i segnali più preoccupanti arrivano dalla Scandinavia, area che nel recente passato è stata una sorta di roccaforte per i vini rossi (e per l’Amarone in particolare). Adesso invece i consumi in Svezia e Norvegia sembrano aver imboccato la strada del declino per i “rossi” a vantaggio di altre tipologie come gli spumanti privilegiati da giovani e soprattutto dalle donne (che in Scandinavia coprono oltre il 65% dei consumi di vino). E non arrivano segnali di diverso tenore neanche dai nuovi mercati. Neanche dalla Cina dove la tipologia “rossa” ha storicamente coperto due terzi delle vendite divino e dove i consumi sono appesantiti dalle restrizioni doganali imposte alle etichette australiane finora leader di mercato. In questo quadro negativo non fa eccezione l’Italia dove Chianti, Brunello, Barolo, Amarone ma anche Montepulciano, Primitivo, Aglianico e Nero d’Avola hanno perso sugli scaffali della grande distribuzione quasi 800mila ettolitri in cinque anni chiudendo il 2023 a quota 3,2 milioni di ettolitri a vantaggio di bianchi e soprattutto degli spumanti utilizzati per cocktail spesso fatti in casa. “Non promettono bene - aggiunge Flamini - i cambiamenti in corso nella platea degli acquirenti italiani che pur restando stabili a quota 30 milioni, dal 2008 hanno visto calare di oltre il 20% i consumatori quotidiani a vantaggio di quelli saltuari (+30%). Spostamenti che avvantaggiano le tipologie più adatte ad apertivi e cocktail che non una mono bevanda da pasto come il vino rosso”. E i paesi produttori si stanno già adeguando: le superfici coltivate la varietà a bacca rossa stanno subendo rallentamenti degli impianti (Australia) o addirittura riduzioni, come Usa, Cile, Argentina e Sudafrica, con la ricerca di alternative verso produzioni bianche (Chardonnay e Sauvignon Blanc soprattutto). “In un quadro che resta negativo - ha commentato il segretario generale dell’Unione italiana vini, Paolo Castelletti - qualche segnale da non sottovalutare si registra sul fronte valoriale della nostra offerta. Negli Usa nel segmento più profittevole delle vendite made in Italy (ristorazione, night club, hotel) l’unica fascia di prezzo che è riuscita a strappare aumenti nelle vendite è quella oltre i 25 dollari a bottiglia (+2%), contro cali del 5% e 3% rispettivamente per i vini sotto i 10 dollari e con prezzi compresi tra 11 e 24 dollari. La fascia premium costituisce oggi il 15%del totale vendite italiane di red wines”. “Bisogna cambiare qualcosa - commenta il presidente del Consorzio della Valpolicella (8.600 ettari di vigneti, 2mila produttori, 62 milioni di bottiglie prodotte, 14,3 di Amarone e 31 di Ripasso e zoo milioni di euro di fatturato), Christian Marchesini - puntando su vini meno alcolici e con una più spiccata identità territoriale. È un lavoro che noi abbiamo avviato già da qualche anno rilanciando il nostro Valpolicella base e rafforzandone il valore. La tipologia “superiore” del Valpolicella è passata da una quota del 22 a una del 29%del totale. E stiamo lavorando sulla ricerca per capire le contromosse da adottare nel vigneto e nel fruttaio (il luogo dove vengono fatte appassire le uve per l’Amarone, ndr) per contrastare i cambiamenti climatici che favoriscono vini molto alcolici. Prodotti che il mercato, a quanto pare, non vuole più”.

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