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Il Sole 24 Ore

L’export di vino tracolla: vendite a -20% … Alcuni di distributori stranieri chiedono il certificato di sicurezza alimentare... La concorrenza internazionale dei vini australiani e cileni, la minaccia mai sopita dei dazi americani. Il ralenty del mercato russo, lo stop di quello cinese e ora anche l’emergenza del coronavirus. Per Federvini, è la tempesta perfetta. E il suo direttore generale, Ottavio Cagiano de Azevedo, va giù pensante: “Ci aspettiamo un calo dell’export del settore del 20%. Magari i dati di aprile, quelli che si riferiscono ai primi due mesi dell’anno, saranno ancora positivi. Poi, però, arriverà il calo. Si è fermato anche tutto il turismo, quello in Italia e quello in giro per il mondo, e si sono bloccate le linee aeree. Basta vedere i ristoranti vuoti di Milano oggi, per capire quale sarà l’impatto dell’emergenza sui nostri produttori”. Eppoi, spedire dall’Italia è diventato difficile: “Chi fa viaggiare le merci su gomma rischia di non trovare vettori – racconta Cagiano -ci sono autotrasportatori italiani che non possono uscire, e ci sono autisti stranieri che non vogliono entrare”. Inutile nascondersi dietro a un dito: “Ci sono distributori stranieri che ci provano ancora a chiedere i certificati di sicurezza per i nostri prodotti alimentari – dice il Dg di Federvini – il decreto del governo che sanziona questi comportamenti come pratiche sleali c’è, peccato però che valga solo sul territorio nazionale. Non c’è sanzione che possa arrivare a un distributore che si trova all’estero. Ci vorrebbe una rassicurazione seria da parte delle autorità europee e dell’Oms. Non basta una dichiarazione della commissaria Ue per la salute alle agenzie di stampa ci vogliono dichiarazioni ufficiali su tutti i principali siti delle istituzioni europee”. Peri produttori italiani, insomma, la questione più urgente è ancora quella di rassicurare buyer e consumatori esteri che i prodotti italiani sono sani e sicuri. Eppure. i primi dati ci restituiscono un 2019 positivo per il nostro export vinicolo. Come è possibile che si debba parlare già di un calo del 20%? “La verità - sostiene il dg di Federvini - è che i primi segnali negativi cominciavano farsi sentire alla fine dell’anno scorso. Abbiamo viaggiato forte negli ultimi anni, ma già soffrivamo la concorrenza dei produttori australiani e di tutto il Sudamerica. A questo man mano si è aggiunto il rallentamento del mercato dell’Est Europa: è vero che il vino è escluso dall’embargo russo, ma se per esportare a Mosca un piccolo produttore trova sia limitazioni finanziarie che logistiche, quel piccolo produttore finisce col rinunciare a quel mercato. Infine, da quando è scoppiato il coronavirus l'export verso la Cina si è praticamente azzerato, perché Pechino ha azzerato le occasioni di consumo”. E gli ottimi risultati americano? “Falsati, anche quelli - ammette Cagiano - sia quando c’è stata la prima minaccia dei dazi, a ottobre, e poi quando c’è stata la seconda, a gennaio, tutti i produttori si sono affrettati a spedire oltreoceano casse e casse di vino per fare scorta. Ora, invece dobbiamo fare i conti con le giacenze, che sono aumentate e che rischiano anche di trascinare al ribasso i prezzi”. Se i produttori di vino non sorridono, a chi produce liquori va persino peggio: lo stop agli aperitivi, per questo segmento è una batosta, e in più sui liquori ci sono sì i dazi americani: “Per aiutare queste imprese è fondamentale incidere su burocrazia e accise”, sostiene Cagiano, Federvini vorrebbe una defiscalizzazione dei fatturati realizzati con l’export, l’abolizione del contrassegno fiscale applicato sulle confezioni di prodotti destinati al mercato nazionale e una diminuzione delle accise. Più in generale, l’associazione dei produttori italiani di vino chiede al governo interventi che vadano al di là di quanto già la Politica agricola comune (Pac) offre al settore, e cioè moratorie sui pagamenti, flessibilità nell’amministrazione e nella gestione dei dipendenti e un piano importante di promozione sui mercati esteri, in mancanza delle grandi fiere, fatto di piccoli eventi ad hoc nei singoli Paesi. Anche lo slittamento di Vinitaly ha creato non poche tensioni: non è possibile, infatti, avere la certezza che nelle nuove date di giugno ci sia un’adeguata presenza di operatori internazionali.

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