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Il Sole 24 Ore

Le migliori annate tra le mura dei monasteri … Dall’Alto Adige alla Toscana, alla scoperta delle abbazie con i vigneti e cantine: tra visite guidate e degustazioni … Le tecniche di allevamento della vite e di produzione di vino in Europa devono molto alla densa presenza conventuale. I monasteri sono stati infatti per secoli non solo la culla della produzione, ma anche dei veri “laboratori” di innovazione che comunicavano tra loro portando conoscenza e qualità nei processi di vinificazione. Tra Borgogna e Champagne la sapienza monastica ha disegnato il paesaggio dei clos che oggi le maison hanno acquisito con investimenti milionari e dal Piemonte alla Toscana la storia racconta di tradizioni enologiche e vitigni salvati tra le mura dei conventi (a Montalcino l'abbazia di Sant’Antimo dà il nome a una Doc). Non stupisce dunque che ancora oggi abbazie e monasteri siano la culla di progetti enoici che riprendono la tradizione, talvolta la innovano. E proprio il riferimento a un’eredità spesso millenaria rende l’esperienza di un moderno “enoturista religioso” intrigante e unica, consentendo talvolta un contatto diretto con la regola monastica dell’ora et labora. Senza ignorare il fatto che alcuni dei vini hanno spesso qualità peculiari, confermate da guide e premi. Viticoltura in val d’Isarco da quasi 880 anni. Fondata nel 1142 dal beato Hartmann, vescovo di Bressanone, l’Abbazia dei Canonici Agostiniani di Novacella in Alto Adige era dotata di terreni e aziende agricole. Oggi è ancora attiva, con 22 monaci che curano 25 parrocchie, e accoglie una tra le cantine attive più antiche al mondo. Qui vengono lavorate le uve Sylvaner, Müller-Thurgau, Kerner, Grüner Veltliner, Pinot Grigio, Riesling e Gewürztraminer raccolte sugli erti pendii in val d’Isarco. I rossi dell’Abbazia - Schiava gentile, Pinot Nero, Lagrein e Moscato Rosa - maturano invece nei 22 ettari vitati a Bolzano e nella tenuta Marklhof a Cornaiano. Oltre alla linea classica, l’Abbazia propone la linea Cru Praepositus. Oggi i monaci non sono coinvolti direttamente nella produzione vinicola, ma la cantina - visitabile tre giorni alla settimana e anche fuori orario per gruppi con prenotazione – è integrata nella vita dell’Abbazia. I vini di Novacella si possono degustare nella mescita interna, anche in abbinamento ad una merenda tirolese, e si possono acquistare all'enoteca assieme a grappe e distillati, succhi e tisane. Vigneto-gioiello tra le mura del convento. La cantina-convento Muri-Gries a Bolzano è custode del legame secolare tra viticoltura e vita monastica. Nel complesso del XII secolo la svolta come tenuta vinicola è arrivata con i benedettini dall’Abbazia di Muri, in Svizzera, trasferiti nell’ex convento agostiniano di Gries. Anche qui i monaci non sono coinvolti nell’'attività quotidiana della cantina, ma il lavoro si integra con la vita dell’istituzione religiosa e molti locali dell’edificio sono utilizzati per vinificazione e affinamento. Tra le mura si nasconde anche il vigneto Klosteranger di 2,7 ettari, mentre Muri-Gries può contare su 35 ettari di vigneti tra Bolzano e Appiano. Concentrata soprattutto su vini rossi, la cantina-convento lega la propria storia all’autoctono Lagrein, alla quale è dedicato un progetto Cru. La cantina non propone visite guidate, ma solo la degustazione e vendita dei vini nella vinoteca all’interno del complesso conventuale. In Veneto, vigne monastiche in laguna e sui Colli Euganei. A Venezia l’antico vigneto urbano di San Francesco della Vigna occupa uno dei tre chiostri nel complesso monastico a Sant'Elena; curato dai frati con i tecnici del gruppo Santa Margherita, porta alla produzione di un migliaio di bottiglie di vino denominato Harmonia Mundi. Risale a quasi 900 anni fa la storia della vinificazione all’Abbazia di Praglia, sui Colli Euganei. Il primo documento legato alla viticoltura sulle alture padovane è infatti del 1130 e nel periodo della Serenissima il monastero gestiva una superficie vitata di duemila ettari. La superficie vitata è di 11 ettari, ma la produzione annua al momento si limita a 45mila bottiglie tra Merlot, Moscato Giallo e un intrigante Metodo classico frutto di una couvée di Raboso Piave, Garganega e Chardonnay. Sotto il chiostro pensile, l’antica cisterna per l’acqua del monastero è utilizzata per l’affinamento a temperatura costante. La produzione di vino è ripartita nel 2011 e attualmente i monaci partecipano nell’amministrazione della cantina e alla vendemmia. È possibile visitare la cantina su prenotazione e degustare i vini. Toscana autoctona tra Maremma, Siena e Firenze In Toscana, il complesso monastico di Monte Oliveto Maggiore nel cuore delle crete senesi – fondata agli inizi del XIV secolo – ha un’azienda agricola da 850 ettari, di cui metà sono campi coltivati, vigneti e oliveti in agricoltura integrata. I frati si dedicano direttamente ai 5,5 ettari vitati e alla produzione del doc Grance Senesi. La cantina storica è visitabile liberamente, anche con piccole degustazioni su prenotazione accompagnate da un monaco. I vini, assieme ad altri prodotti della campagna, si possono acquistare nello spaccio locale. Anche la comunità monastica di Siloe - che fa base nel Grossetano - si dedica direttamente alla cura del mezzo ettaro di vigneto. L’unica etichetta è il Ciliegiolo doc Maremma Toscana, prodotto in circa 3mila bottiglie - la vinificazione è curata dai monaci con un enologo consulente, appoggiandosi a una cantina esterna dove sono i tini e le vasche in cemento per l’affinamento. Il monastero non propone degustazioni, ma è possibile acquistare il vino e partecipare ai momenti pubblici della vita di comunità. Nell’entroterra fiorentino, il podere La Poggerina è gestito da ottant’anni dai frati Servi di Maria. Un unico frate coordina il lavoro nella campagna (15 ettari vitati) e gestisce la vinificazione come enologo; le 30mila bottiglie (imbottigliate a Castello di Querceto) sono ripartite tra Chianti Docg e tre Igt toscani. Per la visita alla cantina si può contattare direttamente il convento.

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