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Il Sole 24 Ore / Plus

Borsa al lavoro per dare liquidità alle produzioni ... È un rapporto di odio e amore quello che lega il vino con il mondo della finanza. Sempre più bottiglie di qualità cercano sui mercati dei capitali un adeguata collocazione, ma oggi non riescono a trovarla. Serve un matrimonio che permetta di valorizzare l'investimento enologico e quello economico, con regole e prezzi ben definiti. Ma pare che non si trovi uno strumento finanziario appropriato. Il vino, non più quindi come semplice bene di consumo, è diventato un strumento su cui investire, al pari dei titoli azionari o dei prodotti derivati possono iniziare a puntare. Questo binomio è stato capito da Borsa Italiana che sta studiando una piattaforma per quotare il prodotto più "liquido" per definizione. La formula che a prima vista meglio si adatta al vino, un prodotto che migliora con l'invecchiamento, è quella degli "en primeur": acquisto oggi per ottenere la bottiglia domani. Una modalità di compravendita che, già nel 1600, era una consuetudine in Olanda nel commercio dei tulipani: l'incasso a pronti e la consegna a termine, secondo alcuni guru della finanza, precorsero addirittura, con secoli di anticipo, la nascita dei mercati finanziari moderni. Per i produttori rappresenta un'opportunità di recuperare liquidità in anticipo e, per gli acquirenti, è il modo per garantirsi alla scadenza il bene, senza essere costretti a subire eventuali oscillazioni di prezzo. Ma questo non è l'unico strumento finanziario possibile: in Italia sono stati emessi anche prestiti obbligazioni cum warrant (come quelli di Mediobanca, Meliorbanca e Ubm), in Europa stanno nascendo anche fondi specializzati in aziende vitivinicole e nei loro prodotti (Orange Wine Fund-Dexia, Redgold wine Investment-Roger, Premier Cru-Societe Generale). Troppi prodotti che nascondono un difficoltà di fondo: quella di creare un unico mercato finanziario regolamentato. Nel matrimonio tra vino e capitali ci sono difficoltà di regolamentazione, una frammentazione eccessiva del mercato, una scarsa competenza in materia degli intermediari e la mancanza di prezzi di riferimento. Problemi non facili da superare, ma gli uomini di Piazza Affari ci stanno lavorando.

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