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Il Sole 24 Ore - Sud

Vino siciliano, nuove generazioni crescono … La svolta: i giovani cresciuti in famiglie di conferitori di uve alle grandi cantine … II futuro: nelle grandi cantine si registra il salto culturale con nuovi approcci sono protagonisti di una piccola rivoluzione soprattutto nei mercati di nicchia organizzativi e di comunicazione da parte degli ultimi arrivati al vertice… C’è chi ha solo introdotto una nuova logica nella gestione aziendale. E c’è chi invece ha rivoluzionato il business di famiglia: il padre vendeva solo vino sfuso o conferiva le uve alle grandi aziende del territorio, loro hanno avviato una piccola ma ambiziosa attività di imbottigliamento. Dal trapanese a Messina, da Palermo all’Etna c'è una nuova generazione del vino siciliano: hanno in media trent’anni e hanno deciso di puntare sul territorio e di far fare un salto di qualità alle aziende. Si prenda l’areale di Camporeale, in provincia di Palermo ma al confine con la provincia di Trapani da un lato e con quella di Agrigento dall’altro: qui ai Camporeale Days, manifestazione ormai arrivata alla nona edizione: tra i protagonisti i vini di giovani agricoltori della zona. Come quelli della famiglia Maenza: Calogero, 29 anni, è il maggiore di tre figli (gli altri due sono Giacomo e Beatrice) e ha capitalizzato la sua passione per l’agricoltura spingendo i genitori sulla strada della vinificazione: “Oggi metà degli 800 quintali di uva prodotta su 12 ettari di terreno vitato — racconta Calogero — viene vinificato. Abbiamo cominciato nel 2019 e oggi imbottigliamo perricone, grillo e sirah per un totale di 16mila bottiglie. Stiamo potenziando i mercati esteri dove, tra l’altro, siamo già presenti (Usa, Germania, Polonia, Cina): il 2023 è stato un buon anno e abbiamo buone prospettive per il 2024”. Sempre da Poggioreale, nel cuore della Valle del Belice nel trapanese, arriva Terre di Garcia, un’azienda creata dai due fratelli Calogero e Gaetano Aolisio: anche in questo caso i due hanno ripreso la tradizione di famiglia, impegnata nel conferimento delle uve, e hanno avviato l’attività di imbottigliamento. L’azienda, che è stata fondata nel 2019, oggi produce in media 10mila bottiglie l’anno in quest’area di territorio che si affaccia sul lago creato dalla famosa diga che oggi porta il nome del giornalista Mario Francese, ammazzato dalla mafia. Certo non è facile per una piccola azienda ritagliarsi uno spazio. Ma a ben vedere il caso della famiglia Maenza non è l’unico. Sui Nebrodi, a Piraino nel messinese, il giovane enologo Rosario Amato che affianca il padre Salvatore ha impresso una svolta all’azienda di famiglia fondata nel 1958: “Oggi selezioniamo le migliori uve da diversi territori della Sicilia, da viticoltori di fiducia, per poi produrre, nella cantina di Piraino vini godibili e fortemente legati alla zona di provenienza — spiega—. Tra i territori da cui selezioniamo le uve vi sono la Valle dello Jato, in provincia di Palermo e Grotte in provincia di Agrigento”. Il progetto più recente è il vigneto di Nocera, varietà autoctone del messinese, piantato nel comune di Patti, dove si trovano i terreni di famiglia. “Un progetto in piccola scala — dice Rosario — che ha come obiettivo la valorizzazione del patrimonio vitivinicolo e culturale del messinese. I primi vini che saranno presentati al Vinitaly 2024”. C’è poi chi ha deciso di investire nel mondo del vino realizzando così quello che era stato il sogno del nonno e poi del padre. È il caso di Totò Navarra junior, amministratore di Tenute Navarra che si estendono su 175 ettari nel territorio di Butera in provincia di Caltanissetta. Totò porta il nome del nonno e ha del nonno la stessa passione per la terra e ha già incassato le prime soddisfazioni. Le cantine delle Tenute Navarra hanno debuttato pubblicamente nel 2023 con le prime annate pronte per la commercializzazione: “Siamo — racconta Totò Junior — un’azienda nata nel 2019, grazie a mio nonno che ha così potuto realizzare un suo sogno nel cassetto e a me che ho deciso di seguirlo in questo progetto in cui credo tantissimo. Non vantiamo di una lunga storia nel settore vitivinicolo ma abbiamo ugualmente basi solide che ci danno la forza di crederci”. Ci sono poi le aziende storiche dove il passaggio alle nuove generazioni sta portando novità sostanziali. Si prenda la cantina Principe di Corleone, a cavallo tra i territori di Monreale e Corleone, fondata nel 1892. L’azienda conta circa 200 ettari vitati di cui 60 di proprietà e ora, dopo anni di studio ed esperienza sul campo, anche i giovani Leoluca e Pietro, hanno deciso di dedicarsi completamente all’attività di famiglia, adoperandosi nell’implementazione delle moderne tecnologie all'interno dell'attività produttiva, attivando, contestualmente, strategie di comunicazioni più moderne ed efficaci. Leoluca, il primogenito, si occupa del marketing aziendale promuovendo il marchio Principe di Corleone all’estero. Pietro, enologo dell’azienda, dopo essersi laureato in scienze agrarie all’Università di Palermo e specializzato in viticoltura ad Asti e ad Alba, ha deciso di intraprendere la propria carriera nell’ambito della gestione agronomica aziendale sviluppando programmi di studio e ricerca su specifiche cultivar. Sulla stessa strada un’altra azienda storica come Caruso & Minini, di Marsala. Oggi Stefano Caruso, uno dei fondatori del marchio frutto della fusione di due importanti famiglie del vino (Caruso e Minini, appunto), è affiancato dalle due figlie Giovanna e Rosanna: la prima ricopre il ruolo di export manager, mentre la seconda si è da poco insediata nell'ambito del gestionale. Una ‘gestione in rosa’ che ha sicuramente portato una ventata di aria nuova all'interno dell’azienda. Da qualche anno c’è anche Andrea Artusio (piemontese d’origine) marito di Giovanna. Quest’ultimo sta cercando insieme a Giovanna e Rosanna di cambiare radicalmente l’immagine dell’azienda attraverso una comunicazione più fresca e interattiva e l’utilizzo sempre maggiore dei social network.

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