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Il Sole 24 Ore

«L’innovazione nel vino non è finita»: Martelli, neopresidente degli enologi mondiali: la frontiera di domani sono i vitigni locali ... Terzo presidente italiano
dalla fondazione - avvenuta
nel 1965 - per l’Union
international des enologues. È
Giuseppe Mertelli, direttore generale
dell’Associazione enologi italiani, che arriva
al prestigioso incarico internazionale
in un momento di grande
evoluzione per il settore vitivinicolo.
L’Union è la federazione
mondiale delle Associazioni
di categoria, in rappresentanza
di 25mila enologi che operano
in circa 20mila cantine.
Quale il significato di una
presidenza italiana in un quasi
monopolio francese?
Non è stata una nomina concordata,
ma accettata dopo che
Francia e Germania si erano
espresse per una presidenza italiana.
Quindi un riconoscimento
ulteriore al ruolo degli enotecnici
italiani e al vino italiano. Ma
anche la base per una nuova
collaborazione, a livello tecnico,
tra i grandi e tradizionali Paesi
produttori di vino, come Francia,
Spagna, Germania e Italia.
Per contrastare il cosiddetto
Nuovo Mondo del vino, cioè
Australia, Nuova Zelanda,
Sud Africa e Cile?
Nessun contrasto. Se questi
Paesi producono ottimi vini e li
vendono non solo in tutto il mondo,
ma anche in Europa, un motivo
c’è. Hanno perseguito l’idea
del gusto internazionale, hanno
intrapreso politiche commerciali
innovative, hanno produzioni di
alta qualità.
In tema di gusto internazionale,
è corretto parlare di vini
"costruiti" per assecondare il
mercato?
Costruiti nel senso di artificiosi,
no. L’enologo, in questi anni,
ha invece ottimizzato tutte le risorse
che ha a disposizione -
dall’uva alle tecnologie di cantina
- per dare al vino quelle
caratteristiche che il consumatore
cerca. La tecnologia ha migliorato;
ha creato due grandi
punti di riferimento a livello internazionale
con due vitigni base:
il cabernet e il souvignon.
Ma così non si è standardizzato
il gusto?
È la domanda che oggi si pongono
in molti. Il gusto internazionale
non può durare all’infinito.
Per questo stiamo assistendo
alla "scoperta" dei vitigni e dei
vini autoctoni. E qui l’Italia ha
molto da esprimere, anche se
non tutti potranno entrare
nell’Olimpo dei vini mondiali.
Servono anche i numeri.
In che senso?
L’Italia ha 3.400 enologi, la
Francia 1.600. Il Cile ne ha 200,
ha 100 aziende vitivinicole 73
delle quali fanno solo export. Il
Cile produce 8 milioni di ettolitri
di vino, di cui il 60 è esportato
e nel 2005 questa quota salirà
al 70%. La media in ettari delle
aziende cilene è di 350, quella
italiana di 0,9. Situazione simile
la troviamo in Australia: 10 milioni
di ettolitri di vino prodotti,
il 60% è esportato. Cinque aziende
producono il 75% del totale.
È con questi numeri che si aggredisce
il mercato e si conquista il
consumatore senza dimenticare
che oggi è proprio il consumatore
a dettare le regole del gusto.
Il vino non è più alimento, ma
un prodotto edonistico e come
tale va affrontato.

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