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Il Sole 24 Ore

Imbottigliamento, obbligo a metà. Dopo l'ondata di ricorsi la Conferenza Stato-Regioni vara il decreto sul confezionamento in zona per le Doc ... La definizione di denominazione d'origine sembra un po' come una fisarmonica: in Europa si restringe, in Italia si allarga. O almeno è quanto suggerisce il decreto sull'imbottigliamento in zona dei vini Doc approvato giovedì scorso dalla Conferenza Stato-Regioni e che è ora alla firma del ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno. A poche settimane dalle sentenze della Corte di giustizia Ue che hanno sancito, a livello comunitario, l'obbligo di confezionamento nella zona d'origine per due «griffe» dell'alimentare made in Italy (Grana padano e Prosciutto di Parma), per i vini Doc l'Italia sembrerebbe prendere una strada diversa. Infatti, il decreto sull'imbottigliamento prevede che, per introdurre nei disciplinari di produzione l'obbligo di confezionamento in zona d'origine, occorre una richiesta sottoscritta dal 66% dei produttori e dal 51% degli imbottigliatori della Doc. Un consenso più ampio del passato visto che la precedente legge (la 164/92) richiedeva solo il 20% dei produttori. Ma non solo. Uno dei punti «caldi» della discussione è stato il riconoscimento dei diritti acquisiti degli imbottigliatori “storici” che cioè operano da anni in una Doc e che, con impianti situati fuori dalla zona di produzione, rischiavano di essere estromessi da una «blindatura» dell'area Doc. Secondo il provvedimento, invece, gli operatori storici potranno continuare la propria attività in deroga alla nuova disciplina a patto che l'abbiano svolta per almeno 2 anni (anche non consecutivi) negli otto precedenti l'entrata in vigore del decreto. Il tutto «per cinque anni prorogabili». Insomma un punto delicato e che ha provocato di recente un vero scontro a suon di ricorsi amministrativi fra consorzi Doc e imbottigliatori (basti pensare al Frascati, al Chianti Classico e al Soave), viene risolto dalla nuova legge con una previsione che rischia di lasciare tutto invariato. Un margine di manovra talmente ampio che sorge spontanea la domanda: sui prodotti di qualità le posizioni di Roma e di Bruxelles si stanno allontanando? «Non credo - spiega il direttore della Federvini, Federico Castellucci -. Innanzitutto il caso dei vini Doc non è paragonabile a quello di Grana e Prosciutto. Gli imbottigliatori spesso svolgono la loro attività da anni dando contributi decisivi al successo del vino italiano sui mercati. Un ruolo molto diverso quindi da quello dell'operatore della grande distribuzione inglese che affetta il prosciutto e lo vende poi in vaschetta». Ma se Prosciutto di Parma e Grana padano sono prodotti diversi, tuttavia, negli anni scorsi la Corte di giustizia Ue è intervenuta anche su un vino: lo spagnolo Rioja che veniva confezionato in Belgio. E in quel caso i giudici del Lussemburgo sancirono l'obbligo di imbottigliamento in zona d'origine. «La nostra deroga - spiega il sottosegretario alla Politiche agricole, Teresio Delfino - parla di situazioni storicamente consolidate. Il decreto italiano non consentirà, quindi, a imbottigliatori svizzeri di confezionare il Barolo perché occorrerebbe che ci fossero già oggi esperienze di questo tipo, che invece non ci sono. Per questo riteniamo il nostro decreto in linea con la sentenza Rioja. Senza contare che il sistema dei controlli del settore vitivinicolo è tale da offrire garanzie di qualità ovunque il vino venga imbottigliato». «Siamo convinti - dice il presidente della Federdoc (la Federazione dei consorzi di tutela), Riccardo Ricci Curbastro - che con i nuovi sistemi di controllo che stanno per essere introdotti saranno rafforzate le garanzie e l'intera questione dell'imbottigliamento, finora considerata come un elemento di difesa della qualità, sarà vista in maniera differente».

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