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Il Sole 24 Ore

Le bollicine del Franciacorta scoprono un’altra vocazione - Cronaca di un successo tanto rapido quanto irresestibile. Che ne ha fatto uno dei nomi di vini più rinomati d’Italia. Questa, in estrema sintesi, la storia del Franciacorta, piccolo angolo di Lombardia formato da 19 Comuni a sud del lago d’Iseo, che produce vino da almeno due millenni ma che, fino alla fine degli anni Sessanta, non aveva saputo valorizzare la sua antichissima vocazione a creare un vino “Mordace” (cioè brioso e spumeggiante), come Girolamo Conforti ricordavaa fin dal 1570 noll’omonima opera, un secolo prima di quanto scoprì in Francia Dom Perignon in merito alla vinificazione con le bollicine.
Dal 1967 –quando venne concessa, insieme ad altri dieci vini italiani (i primi in assoluto), la Doc (seguita nel 1995 dalla Docg)- a oggi lo sviluppo del Franciacorta è spettacolare. L’anno scorso (forse il peggiore della storia enologica italiana in altre zone) le 490 aziende produttrici (delle quali appena 70 aderiscono al severissimo consorzio di tutela nato nel 1990) hanno prodotto quasi 40mila quintali di uve su una superficie di 1.875 ettari. Il risultato finale sono state oltre 4,2 milioni di bottiglie (rispetto a 3,8 milioni solo due anni prima), di cui il 14% esportato, per un valore al consumo superiore a 60 milioni di euro ( che salgono a 80 milioni considerando anche i vini fermi prodotti in zona).
Che il successo sia destinato a continuare lo dice una serie di cifre: ad esempio, l’obiettivo di 4,5 milioni di bottiglie per l’imminente vendemmia che a mezza voce indicano vari produttori. Oppure quello dei 2mila ettari di superficie vitata per accogliere tutte le richieste di allargamento della produzione (“Ma esaminiamo con molta attenzione le domande che ci pervengono”, afferma il direttore del consorzio, Adriano Baffelli, tanto che il valore di mercato di un ettaro di vigna oscilla ormai su 200-250mila euro). Oppure, la concessione da parte della Ue, a partire da quest’anno, della sola denominazione di Freanciacorta sull’etichetta: a fregiarsene, tra i vini europei prodotti col metodo della rifermentazione in bottiglia, saranno solo lo Champagne francese e il Cava spagnolo, oltre all’Asti, che utilizza però la rifermentazione col metodo Charmat. Oppure, ancora, l’attenzione quasi maniacale verso la qualità: delle rese contenute (10 tonnellate al massimo di uve per ettaro) ai limiti della pressatura (non oltre 100 litri di vino da meno di 154 chili di uve) fino all’invecchiamento (maturazione minima di 15 mesi, di cui 18 in bottiglia, che salgono rispettivamente a 37 e 30 mesi per i vini millesimati).
Ma la vera sfida è costituita dal lancio della regione come un tutt’uno omogeneo sotto il profilo turistico: a fine settembre la IV edizione del Festival di Franciacorta riproporrà dei Laboratori del gusto in collaborazione con Slow Food, per accreditare una vocazione “a tutto pasto” delle bollicine franciacortine. “Crediamo che questo territorio sia naturalmente predisposto alla gastronomia e al soggiorno intelligente –sostiene Paolo Pizziol, dell’azienda agricola Villaa e vicepresidente del Consorzio- Noi, ad esempio, abbiamo ristrutturato il vecchio borgo di Villa che era in rovina, ricavandone 15 alloggi per uso agrituristico che affittiamo con grande successo soprattutto ai turisti tedeschi”.


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