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Il Sole 24 Ore

«La Toscana sarà laboratorio di vini» ... Il futuro della marchesi Antinori, vignaioli da 26 generazioni, riparte dal vigneto più antico che la famiglia possiede in Toscana. Quello che dà i vini più austeri e celebri dell'azienda: il Tignanello e il Solaia, vino dell'anno per Wine Spectator nel '97. Ricomincia dalla vigna, ma anche da una nuova impostazione degli asset aziendali, ora strutturati con al vertice la holding "P. Antinori Srl" che fa da cappello per ciascuna tenuta, sia che provenga da vecchie proprietà sia da nuove acquisizioni in Italia e all'estero. La vigna del Tignanello si trova sulla strada per Passignano, nel cuore del Chianti classico: ha "appena" 60 ettari - su un totale di 1.750 che gli Antinori posseggono in Italia - e, «per ragioni di natura territoriale e ambientale - spiega il marchese Piero Antinori, presidente della società - si presta a diventare area sperimentale per nuovi modelli produttivi».
Modelli, per intendeci, che hanno portato alla nascita di vini del calibro del Tignanello e del Solaia? Esattamente, anche se voglio ricordare che la nostra produzione è fatta di decine di marchi per un totale di 16 milioni di bottiglie. In ogni caso è qui che, a cavallo tra gli anni 60 e 70 del secolo scorso, abbiamo prodotto vini che allora erano assolutamente innovativi e che hanno dato un forte contributo alla rinascita dell'enologia regionale e nazionale. Ed è ancora qui che abbiamo dato il via a un nuovo concetto di fare viticoltura.
In che cosa consiste questa innovazione? Si tratta di un modello di coltivazione delle viti che si avvale di processi assolutamente naturali: mi riferisco all'altezza dei filari, più bassi rispetto a quelli tradizionali, nonchè alla formazione di solchi di pietre frante utilizzate per coprire le parti erbacee lungo tutta la spalliera. Può sembrare un fatto da poco, invece è qualcosa di molto impegnativo, che richiede investimenti onerosi. Significa cambiare completamente gli standard produttivi attuali. Ma ne vale la pena.
Nel senso che il meglio di Antinori deve ancora arrivare? Dico solo che in questo modo riusciamo a fermare la diffusione di erbe infestanti senza ricorrere a fitofarmaci. E poi si permette all'uva di assorbire più luce e più calore, migliorando così la struttura del vino stesso.
Qualità, ma anche sviluppo. In questi ultimi anni Antinori ha portato a termine acquisti non solo in Toscana ma anche in Piemonte, Franciacorta, Puglia. A quando la prossima acquisizione? Ora è il momento di riorganizzarci, di prendere un po' fiato, anche se è proibito fermarsi. Negli ultimi dieci abbiamo investito un'ottantina di milioni di euro per portare il nostro vigneto da 400 ettari agli attuali 1.750. Questo ci ha permesso di crescere in termini di offerta complessiva, con un numero di bottiglie vendute salite da 10 milioni del '97 a 18 milioni l'anno scorso, chiudendo il fatturato 2002 a 110 milioni di euro (+10%) e un Ebit di circa 30 milioni. Si tratta di valori che, grazie anche all'export che ormai viaggia oltre il 56%, riteniamo di potere confermare anche quest'anno, sebbene la congiuntura internazionale non aiuti a sperare in meglio.
Si può pensare che il vero artefice del successso di Antinori sia Piero Antinori, ma sono ormai più di quarant'anni che lei lavora da solo in azienda... No, le cose non stanno proprio così. In tutti questi anni ho sempre avuto ottimi collaboratori, dall'enologo e direttore generale Renzo Cotarella, fino all'ultimo dei 400 addetti che lavorano nel nostro gruppo. E poi ci sono le mie figlie, Albiera, Allegra e Alessia che hanno ormai sposato in pieno l'attività di famiglia.
Con quali compiti sono in azienda? Per un po' ciascuna di loro ha fatto esperienze diverse in azienda e fuori. Ora le loro posizioni sono ben più definite. Albiera, che è la maggiore, è presidente della tenuta Prunotto, nonchè responsabile di Accademia Antinori che è destinata a diventare una fondazione e che promuove eventi culturali a tema agricolo. Allegra segue la promozione e la commercializzazione a livello internazionale, oltre al progetto "produzioni tipiche locali"; Alessia infine è enologo ed è responsabile del progetto Franciacorta nella tenuta Montenisa. Tutte e tre sono state inoltre cooptate nel consiglio di amministrazione della holding.
Nel segno del legame tra azienda e famiglia? Certo, questo è un argomento a cui teniamo molto. Per questo nello statuto sono state inserite clausole precise che tendono a privilegiare l'unitarietà della società. Sicchè se in futuro qualcuno vorrà uscire, il premio deve andare a chi resta.

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