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Il Sole 24 Ore

Divertirsi tra i «giacimenti golosi» ... Grande rivincita dello spumante, ovvero del metodo champenoise, sullo champagne. Così, nel dicembre del 1983, ha inizio sulle pagine della «Domenica», il viaggio nell'evoluzione del "sistema cibo". Due decenni di storia del gusto e della cultura del mangiar-bere che possono ora essere ripercorsi in Vent'anni di Idee, il Cd-Rom che raccoglie gli articoli apparsi sul supplemento culturale del «Sole-24 Ore» (in edicola fino a metà dicembre a 9,90 euro), attraverso un'interrogazione "golosa". Il periodo 1983-2002 contiene indubbiamente importanti momenti per la gastronomia. Eccone una traccia, con le principali parole chiave per ricostruirlo. Innanzitutto l'arrivo della nouvelle cuisine, con l'apoteosi di chef quali Bocuse, i fratelli Troisgros, Michel Gherard, Alain Senderens, Joel Robuchon, Fredy Giradet. A questo movimento, ai suoi influssi internazionali e soprattutto ai suoi seguaci italiani sono state dedicate analisi e ritratti. Spiccano personaggi quali Gualtiero Marchesi, Ezio Santin, Giorgio Pinchiorri, Gianluigi Morini, Carlo Brovelli e i loro ristoranti. Ma hanno ricevuto grande attenzione anche i "contro movimenti" che hanno recitato un ruolo di primo piano, come i continuatori della tradizione italiana: a cominciare dai Santini dell'Osteria del Pescatore di Canneto sull'Oglio, da Franco Colombani del Sole di Maleo, a Alfonso Iaccarino del Don Alfonso di Sant'Agata dei due Golfi, Guido di Costigliole, Angelo Paracucchi, la Scaletta (Pina Bellini), il Gambero Rosso, Gianfranco Vissani, Cesare Giaccone, l'Ambasciata (Romano Tamani). Nouvelle cuisine, cucina della tradizione o cucina d'antan, cucina mediterranea (Alain Ducasse), fino ad arrivare alla cucina fusion e alla cucina destrutturata dello spagnolo Ferran Adrià: sono i cardini di un ventennio letto attraverso la lente europea ma non solo, considerata l'attenzione riservata agli Stati Uniti, dalla cucina italo-americana alla nouvelle vague californiana. Accanto alla cronistoria assaggiata dei piatti, delle ricette, della cultura materiale, si è sviluppato il corso del vino: dall'arrivo delle barrique che hanno trasformato le cantine, con la produzione di vini a volte definiti "dei falegnami" o "spremute di pinocchio" per l'eccessivo sentore di legno, fino all'invasione dei vitigni internazionali (merlot, cabernet, chardonnay) chiamati "apolidi". Oltre a questi cambiamenti strutturali sono stati sempre evidenziati i protagonisti che hanno reso famosi i bianchi e i rossi made in Italy: l'indimeticabile Giacomo Bologna, Bruno Giacosa, Aldo Conterno, Giovanni Conterno, Angelo Gaja, Sergio Manetti, Livio Felluga, Marco Felluga, Maurizio Zanella, Ferrari (spumante), Piero Antinori, Incisa della Rocchetta (Sassicaia), Edoardo Valentini, Jermann, Elio Altare, Domenico Clerico, Biondi Santi, Romano dal Forno, Quintarelli (tutti nomi "chiave", della storia e per l'interrogazione dell'archivio). Con il ritorno degli autoctoni si apre in questi ultimi anni l'ultimo capitolo enologico. Dalla metà degli anni 80 la maggior rimarcazione è andata al territorio, ai giacimenti gastronomici, ai prodotti definiti tipici (termine però più volte contestato). Il giacimento goloso è stato letto come "medium" del territorio, con esempi eccellenti quali il culatello di Zibello, il formaggio di fossa, l'aceto balsamico tradizionale di Modena, il caviale di crucoli, l'anduja, il cioccolato di Modica, lo zafferano di Navelli, la colatura di alici, la pasta di Gragnano, il ciauscolo, i maccheroncini di Campofilone, il tartufo di Alba, il tartufo di Acqualagna, la bottarga di muggine e di tonno, il lardo di Colonnata e di Arnad, l'olio extra vergine dei diversi territori. Questi giacimenti, assieme agli itinerari gastronomici, sono stati trattati non solo dal punto di vista organolettico, ma soprattutto in quanto "opere d'arte" della cultura materiale locale. Così è se mi piace e sine qua non.

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