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Il Sole 24 Ore

“Vino autoctono? Un modo intelligente di farsi pubblicità” ... Altro che Pinot Noir e Cabernet Sauvignon. Oggi per bere chic bisogna bere autoctono. Da nord a sud sono sempre di più le aziende italiane che coltivano vitigni rari e producono poche ma pregiatissime bottiglie. Ma sperare che l’autoctono possa risolvere i mali dell’industria vitivinicola nostrana è (forse) un’illusione. “Coltivare vitigni autoctoni e produrre bottiglie dal gusto unico è un modo intelligente di investire in immagine - ci spiega Luigi Perruzzeto dell’azienda agricola trevisana Casa Roma, uno degli infiniti satelliti della galassia del vino italiano - noi abbiamo puntato sul Raboso, un vitigno “rabbioso” come dice la parola stessa, perché tagliente e acido. Nel 700 veniva scelto per i lunghi viaggi, dato che ha la caratteristica di deteriorarsi poco. Il nostro sito internet, all’80%, parla proprio del Raboso. Persino Mario Moretti Polegato di Geox lo coltiva nella sua azienda. Ma certo non pensiamo di fare affari con questi prodotti. E’ una nicchia interessante, che serve ad attirare l’attenzione”. Su una produzione di 200mila bottiglie all’anno, Casa Roma ne riserva solo 12 mila al Raboso. In provincia di Napoli, nell’azienda di famiglia Grotta del Sole, l’approccio è diverso. “Abbiamo deciso di puntare tutto sull’autoctono - dice Francesco MArtusciello - fino agli anni 80 abbiamo commercializzato vino sfuso. La svolta è stata nel 1992, quando abbiamo conquistato il marchio Doc. Gli autoctoni di punta della zona (i Campi Flegrei, ndr) sono l’Asprino di Aversa, che è offerto anche nella versione spumatizzata e il Caprettone. La caratteristica più curiosa è che le viti sono alberate, nel senso che sono alte 15 metri, lunghe 100 e per fare la vendemmia è necessario dotarsi di altissime scale”. Nelle Marche si torna coi piedi per terra e anche l’autoctono si ricompone in parametri più conosciuti. Enzo Mecella, coltivatore diretto di Fabriano, da anni scommette sul Verdicchio, e ora con questa moda dell’autoctono sta raccogliendo i frutti “negli anni in cui tutti estirpavano e reimpiantavano vitigni internazionali ho tenuto duro, e ora il classico Verdicchio è strarichiesto”.

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