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Il Sole 24 Ore

Critiche americane - “Francia e Italia non sopravvalutate la vostra cucina” ... Sorpresa, sconcerto, condivisione? No, niente di tutto questo. Il Wall Street Journal Europe ha ieri pubblicato una pagina titolata: “Survey: French food flambèe”. Un’indagine sulla qualità, le caratteristiche, i piatti forti, le abitudini alimentari condotta in venti Paesi, intervistando un campione di 20.795 persone. Le conclusioni sono severe: Francia e Italia non riscuotono più il successo di un tempo, anzi molti intervistati le valuterebbero “sovrastimate”. A esse viene associata anche la cucina cinese. L’indagine del Wall Street” merita una riflessione.

Mi chiedo come si faccia a concludere che cucine, quali la francese, l’italiana e la cinese siano sovrastimate quando le percentuali sono ridicole. Solo il 19% degli intervistati di Paesi non francesi risponde che “il mangiare alla francese” è il più sopravvalutato. Caso ma i vale la pena considerare il 22% di risposte attribuite agli intervistati francesi, di solito molto sciovinisti in materia, che invece adesso sono autocritici; la multietnicità in crescita ha influito non poco. Questo è un aspetto nuovo. Il cous cous è nei primi tre posti tra i piatti preferiti dai francesi.

Che cosa significa sopravvalutazione di una cucina? È la fama di cui gode, i contenuti qualitativi, il rapporto prezzo-soddisfacimento in un ristorante tre stelle di Parigi o di Lione o di quei locali a gestione francese, quali “Sketch” di Pierre Gagnaire, stella parigina a Londra, intervistata nell’articolo? Su questi punti non ci sono dubbi: da tempo la prima cucina al mondo soffre di una crisi “strutturale”. La sua fama è in grande ribasso; gli chef parlano sempre meno francese dopo il declino della nouvelle cousine. Nel mondo gastronomico avanza la corrente fusion con protagonisti cuochi cinesi, giapponesi che usano materie prime australiane e sudamericane. Poi ci sono gli spagnoli che, guidati, dal catalano Ferran Adrià hanno “rivoluzionato” le tecniche degli chef francesi. Il teatro della cucina mondiale si è spostato al festival di San Sebastian e a Madrid fusion. Sempre più giovani apprendisti si spostano in Catalogna, nei Paesi Baschi e in Italia per raffinare il loro mestiere.

Sempre più il consumatore cerca la cucina di prodotto e non di processo, cioè meno sale, più semplicità, una virtù di cui dispongono le ricette italiane e quelle giapponesi. Non è più tempo del foie gras, del salmone e delle ostriche. Infine il prezzo. E’ evidente che in tempi di crisi dei consumi il costo dei ristoranti abbia una valenza non indifferente. Ebbene i “tre stelle” di Francia hanno i prezzi più alti in assoluto. Ma i francesi che sostengono la loro cucina sono sempre un buon 78%. Così come c’è la guida Michelin che detta legge, e non solo in Europa. Da due mesi si è imposta negli Usa dove, guarda caso, ha portato alle stelle solo locali d’impostazione francese. Alla via pubblicitaria si affiancano però ancora chef eccellenti con insegne nelle capitali del mondo, fenomeno che l’Italia non può vantare.

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