02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Il Sole 24 Ore

Il vino dell'altro mondo minaccia la nobiltà italiana ... E’ stupefacente che uno scandalo “alimentare“ di gravi conseguenze venga trasformato in una celebrazione. Per fortuna gli autori della truffa ancora non sono stati dichiarati “ martiri “ e la giornata non è stata dichiarata festa nazionale. Il metanolo day è stato promosso in tutta Italia: convegni, articoli, interventi. Che sia “l’influenza“ elettorale ?. Si è dimenticato lo smacco avuto nei mercati esteri, dove guarda caso, in seguito, nel giro di pochi anni i nuovi concorrenti del nuovo mondo vinicolo (Australia, Cile, Argentina, Nuova Zelanda, California) hanno rosicchiato quote di mercato o perlomeno lo scandalo tutto italiano ha facilitato loro l’accesso. In questo paese di santi, navigatori e poeti si può assistere anche a questo spettacolo, addirittura in un periodo dove, guarda caso, il settore agro alimentare è di nuovo, pesantemente, sotto le luci della ribalta. Sembra quasi che tutti i celebratori siano contenti e felici di quella terribile “malbouffe“ dove il veleno venne trasformato in vino, pardon la quantità in qualità dei rossi e dei bianchi made in Italy. Davvero incredibile questa interpretazione, quasi a voler suggerire che lo scandalo della mucca pazza sia stato in grado di render più appetibile la carne italiana, la diossina migliorare gli allevamenti di maiali e l’aviaria possa far diventare i polli nostrani migliori dei francesi di Bresse. La celebrazione dello scandalo del metanolo avrebbe dovuto diventare una giornata di lutto, altro che inneggiare alla raggiunta qualità del vino italiano. Quella specie di produttori o meglio di chimici-alchimisti attentatori della vita altrui ( tra l’altro che fine hanno fatto?, magari ancora producono ) sono da cancellare; chi ha celebrato l’ avvenimento rischia di riconoscere loro un ruolo positivo per la crescita del settore. Non solo. Così facendo si insinua il dubbio che la “sofisticazione “ fosse talmente alta da condizionare larga parte della produzione di tutto il vino italiano. Tutto ciò da un lato è generoso per i truffatori, dall’ altro non riconoscente a quei produttori italiani protagonisti negli anni’ 80 del rinascimento del made in Italy: Gaja, Antinori, Incisa della Rocchetta, Zanella, Biondi Santi, Ferrari, Conterno, Ceretto, Giacosa, Mastroberardino, Tasca d’Almerita etc. Imprenditori questi che, negli anni, hanno conquistato i mercati esteri con la serietà, l’impegno e l’ eccellenza dei loro prodotti. Non mi risulta che le loro annate successive siano migliorate grazie allo scandalo del metanolo perché la qualità è sempre una costante di chi vuole essere competitivo. Negli anni’ 90 a fianco dei leader legittimati dai risultati nel tempo, sono cresciuti decine e decine di nuovi produttori di qualità: chi proveniente da altri settori, chi un tempo semplice vignaiolo o di vino per conto terzi si è trasformato in produttore-imbottigliatore. Sono questi due gruppi ad aver portato la realtà vinicola italiana a diventare temibile concorrente “ in valore “ dei blasonati concorrenti francesi, sempre battuti “ in volume “ nell’export. Forse il metanolo day avrebbe dovuto far riflettere su altri argomenti : innanzitutto la perdita di competitività in valore rispetto ai vini australiani negli Usa, la crisi nel mercato tedesco, in secondo luogo la mancanza ormai di uno stile paese riconoscibile. Quando si perdono colpi “ in valore “ nell’ export il problema è da identificarsi proprio in uno scadimento della qualità rispetto alla concorrenza. Non solo, può dipendere anche da una carente politica di marketing, necessaria a far riconoscere le proprie caratteristiche, dove ormai gli australiani con uno straordinario “ progetto paese “ sono riusciti in pochi anni a superare perfino i francesi, maestri di operazioni mitiche, quali il Beaujolais nouveau . Inoltre ormai il made in Italy vinicolo non ha più una sua identità, valenza determinante per un progetto globale , come invece hanno i paesi del nuovo mondo e un tempo avevano i francesi ( Borgogna, Champagne , Alsazia, Bordeaux ) ma tante sfaccettature: alcuni produttori si adoperano per ottenere vini dal gusto internazionale (legno, trucioli, lieviti) , dove il nuovo mondo vinicolo ha una leadership riconosciuta dai mercati internazionali, altri vini da vitigni autoctoni, dove la comunicazione e la promozione sono necessari per renderli riconoscibili. I pericoli non sono semplicemente all’estero, ma è importante anche difendersi in casa perché il nuovo mondo ha cominciato a sbarcare pure sugli scaffali in Italia della grande distribuzione con discreti risultati. Tra poco, senza essere Cassandre, faranno capolino i vini spagnoli e i vini francesi che hanno capito la lezione del caro prezzo, abbassando notevolmente le loro pretese. .Certo è che il vino made in Italy ( e pure il made in France ,anch’ esso oggi con grossi problemi ) ha un altro grave handicap: la deregulation che vige nel nuovo mondo ( Australia, Cile, Argentina, Nuova Zelanda, Usa ) dove quote, disciplinari, controlli all’ irrigazioni d’acqua etc non esistono. Forse è necessario ricordare che l’export vinicolo per la nostra bilancia commerciale è come il petrolio per i paesi dell’ Opec . Deve essere trattato con grande lungimiranza, specialmente in Parlamento e dintorni, altro che metanolo day! (arretrato del 26 febbraio 2006)
Autore: Davide Paolini

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su