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Il Sole 24 Ore

Norme Ue, in crisi il vino europeo ... L’Ocm (Organizzazione comune di mercato) per il vino, ovvero il complesso di norme dell’Unione europea che regola il settore a livello comunitario, presenta numerose lacune e soprattutto è stata adottata prima delle riforme delle altre Ocm, ispirate al trasferimento degli aiuti dal sostegno dei prodotti al sostegno del reddito degli agricoltori, mediante un pagamento unico.
Le diverse Ocm vino adottate dal 1976 ad oggi hanno indotto una profonda trasformazione del settore vitivinicolo europeo tale da fargli perdere competitività rispetto alle vitivinicolture dei paesi emergenti (Usa, Sud Africa, Cile, Argentina, Australia ecc.), renderlo fragile rispetto alla concentrazione distributiva, indurlo ad una diffusa uniformità mondiale dei prodotti, instaurare una prevalente logica industriale e subire un sempre più diffuso atteggiamento proibizionista verso l’alcol. In tale scenario mondiale le quote di mercato del vino europeo sui tre principali Paesei Importatori mondiali (Germania, Usa e Regno Unito), è diminuito, nell’ultimo decennio , rispettivamente del 14, 17 e 24% facendo posto, in presenza di un aumento dei consumi, a uguali quote dei nuovi paesi produttori, soprattutto ai vini australiani.
A loro volta, i consumi mondiali vedono la stagnazione nei paesi europei maggiori produttori (Italia, Francia, Spagna), la tenuta nei Paesi del Nord Europa e l’aumento, a volte notevole, nei nuovi paesi dell’Unione, negli Usa e generalmente nei nuovi opaesi consumatori. All’espansione mondiale della produzione corrisponde una espansione dei consumi.
Tuttavia il vino europeo non è in grado di conquistare quel mercato, anzi lo perde, continuando a dover ricorrere alla distillazione delle proprie eccedenze. A fronte di un politica comunitaria trentennale basata sul divieto di impianto di nuovi vigneti, un controllo stretto del potenziale vinicolo, premi all’estirpazione, regole molto severe in quanto a pratiche enologiche, incombenze burocratico-amministrative, etichettatura, indicazioni geografiche e sistema di controllo, il vigneto europeo si è ridotto, negli ultimi venti anni, di oltre un terzo, la produzione di circa il 20%, e i consumi del 15%. Le eccedenze sono rimaste più o meno le stesse, fino a far scattare negli ultimi due anni una distillazione di crisi. Lo scenario italiano riflette la situazione generale, grazie soprattutto alle migliori performance delle esportazioni ( la sola Germania importa il 10% di tutto il vino prodotto in Italia, soprattutto di vini della fascia fino a 5 euro, e all’espansione sul mercato interno dei vini di consumo quotidiano ( in Italia gli acquisti riguardano il 4,96% per vini oltre 10 euro\litro, il 9,96% per vini tra i 5 e i 10 euro\litro e l’86,94%nper vini fino a 5 euro litro che per il 50% vengono effettuati negli iper e super-mercati, per il 10% nei discount, per il 15% alla distribuzione tradizionale e per il 10% nei ristoranti ed altri esercizi di consumo).
La prima battaglia è quella riferita al mantenimento delle risorse al settore e ai Paesi che le hanno fin qui percepite. Probabilmente la discussione sarà difficile e lunga. La preoccupazione maggiore riguarda la volontà della Commissione Ue di impegnare ingenti risorse ( 2,5 miliardi di euro, pari ad un terzo del budget di settore) per le misure di estirpazione. Sarà necessario, nella trattativa, ottenere garanzie essenziali per la difesa della produzione nazionale, attraverso un’ampia flessibilità per la gestione degli eventuali plafond, e per impedire che siano penalizzate le aree territorialmente più sensibili e particolarmente vocate della viticoltura.

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