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Il Sole 24 Ore

Vigneti che resistono all’industria. L’espansione dei siti produttivi minaccia il distretto bresciano … Dal tondino alle bollicine. Con la stessa mentalità. E una parola d’ordine: non basta partecipare ma vincere. Diventare il numero uno. Così, in poco meno di quarant’anni, un batter d’occhio per i tempi dell’enologia, la Franciacorta ha imposto la sua leadership globale nel mondo del vino. E il territorio dal fiume Oglio al Mella, dal lago d’Iseo a Rovato, è diventato un marchio da sei milioni di bottiglie l’anno. Un balzo impressionante se si pensa che nel ’99 le bottiglie erano non più di quattro milioni.

“La crescita è un fattore assodato che ormai possiamo definire organico al sistema Franciacorta - spiega Adriano Baffelli, direttore del Consorzio di tutela, dal suo ufficio nel centro di Erbusco (Brescia) –. Nel 2005 il valore della produzione è aumentato del 14%”. Negli ultimi anni poi gli investimenti immobiliari hanno raggiunto la cifra di 130 milioni di euro. Così le nuove cantine sono spuntate come funghi dopo un temporale. Con esse, nuovi sistemi produttivi all’avanguardia caratterizzati da una forte spinta all’innovazione. E poi quotazioni alle stelle per i vigneti (anche 225 mila euro per ettaro), ma anche l’attenzione alla buona cucina ( Gualtiero Marchesi su tutti), e la tutela dei piccoli borghi, torri e castelli disseminati tra le colline. E un piccolo fiore all’occhiello. “Dopo essere stati l’unico brut metodo classico ad ottenere la Docg nel 1995 - racconta Baffelli - nel 2002 l’Unione Europea ha riconosciuto al nostro vino la possibilità di indicare in etichetta solo la dizione Franciacorta, privilegio che in Europa spetta unicamente a Champagne e Cava”.

La fortuna recente di queste terre nasce da un incontro, negli anni 60, di due uomini di estrazione e cultura diversa. Il conte Berlucchi e un enologo di Alba, Franco Ziliani, che portò la conoscenza e la tecnica del metodo classico di fermentazione in bottiglia. Una scelta dovuta all’esigenza di differenziarsi dallo spumante. Cosìm nacque la miscela vincente del distretto del Franciacorta: vino, territorio e metodo produttivo. Poi ci fu la carica degli imprenditori “che vennero qui - sottolinea Baffelli - non perché produrre vino era una moda, ma per businnes”. Tra i primi a capirlo Vittorio Moretti che nasce come costruttore, lui stesso figlio di un costruttore. In Franciacorta ha acquistato vigneti fino a produrre quello che è considerato uno dei migliori vini italiani, il “bollicine” Bellavista. E Maurizio Zanella, che sempre negli anni 60, dopo un viaggio in Francia, decise di competere con lo Champagne. Così nacque la celebre azienda Ca’ del Bosco.

E come loro fecero piccole e più grandi imprese. Una tendenza che continua anche in tempi più recenti. Come per i fratelli Muratori di Capriolo. Industriali tessili che nel ’98 decisero di differenziare gli investimenti proprio in Franciacorta. “La famiglia - spiega Francesco Iacono, vicepresidente dell’azienda agricola Muratori - aveva in questa zona una casa di campagna con qualche ettaro di terreno. La filatura della lana subiva, come tutto il settore tessile italiano, i colpi della concorrenza cinese. Per questo puntarono sul vino. Intuirono il businness e le sue enormi potenzialità scommettendo sulla valorizzazione delle terre con un investimento di 60 milioni di euro che ha portato ad acquisire vigneti per 250 ettari. E poi a estendersi in Toscana, Campania e Ischia per completare l’offerta del prodotto. Oggi la Muratori produce 800 mila bottiglie, di cui circa il 60% in Franciacorta. Ma se c’è un pericolo che minaccia questo distretto è proprio la sua collocazione geografica, tre Brescia e Bergamo, una delle zone a più alte densità industriale d’Europa. “Le vigne difendono il territorio - continua Iacono – ma qui non c’è solo l’agricoltura o la vite. La fame di urbanizzazione e di nuovi siti produttivi è in costante crescita, e i Comuni hanno bisogno di soldi”. In effetti finora la redditività sembra aver tutelato l’ambiente. La superficie destinata a vigneto è aumentata di un centinaio di ettari. “Una tendenza - spiega ancora Baffelli - che troverà conferma anche nei prossimi anni viste le politiche di espansione di tutte le aziende e la continua entrata sulla scena di nuove realtà produttive”.

Quasi tutti i circa 80 produttori sono associati al Consorzio che vigila sulla produzione e punta alla valorizzazione della denominazione del vino che nel 2005 ha realizzato ricavi per quasi 73 milioni di euro con un prezzo medio per bottiglia di 12 euro. Circa duemila gli addetti. Se ad assorbire le vendite del Franciacorta è soprattutto il mercato interno, negli ultimi anni crescono le vendite in Germania, Stati Uniti e Estremo Oriente. “Tutto con l’attenzione al consumatore - conclude il presidente del Consorzio, Enzo Maiolini - a cui possiamo dare l’esatta carta d’identità telematica di ogni bottiglia. Basta un semplice clic”.

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