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Il Sole 24 Ore

Calici di qualità per il portafoglio ... Il vino di qualità, se bevuto con moderazione, ha una serie di effetti benefici sull’organismo per le sue proprietà antiossidanti. Però può fare molto bene anche al portafoglio, perché l’ “asset vino” ha una forte potenzialità rivalutativa sul lungo termine ed è scarsamente legato ai mercati obbligazionari e azionari. Gli analisti del Credit Suisse partono da queste considerazioni per suggerire agli investitori abbienti di riservare una piccola parte del loro portafoglio ai fondi specializzati in vini di alta gamma, gli unici che riescono a sottrarsi ai trend di decrescita dei consumi e a rivalutarsi nel tempo. Già, perché il mercato del vino rappresenta un insieme complesso. I dati sul consumo mondiale - 226 milioni di ettolitri l’anno per un valore complessivo attorno ai 100 miliardi di dollari, secondo le stime dell’istituto di credito elvetico - comprendono bassa, media e alta qualità.
Attenti al salutismo
Le prime due tipologie vedono, ormai da parecchi anni, i consumi in progressiva diminuzione. Gli stili di vita più attenti al salutismo, le norme che hanno reso più severo il divieto di alcool al volante e la proibizione del fumo dai locali pubblici ( il legame fra sigaretta e alcolici è spesso forte per il consumatore di massa) sono tutti elementi che hanno ridimensionato i consumi. Anche la pressione sui margini - aree come Australia, Sudamerica e Usa riescono a produrre un vino più che decente a prezzi inferiori del 10-15% rispetto all’Europa - non rende interessanti per l’investitore le fasce più basse.
Totalmente diverso, invece, il discorso per gli upper range wines. Un esempio per tutti: in Francia, dal 1960 al 2005, i consumi annui di vino sono scesi da 46 a 33 milioni di ettolitri, ma la percentuale di mercato delle etichette pregiate è passata dal 10 al 50 per cento.
Questo mercato è tutto europeo, con uno straripante dominio della Francia, una produzione limitata che non cresce da lungo tempo, una qualità e un prezzo che crescono con il passare del tempo e un consumo riservato alle occasioni importanti. Insomma, il perfetto incrocio tra il gusto per la vita e lo status symbol.
Una richiesta sostenuta - anche dai nuovi ricchi delle nazioni emergenti - a fronte di una produzione costante che ha come ovvia conseguenza una forte lievitazione dei prezzi sul lungo periodo. Per di più il vino di qualità trae beneficio dall’invecchiamento (la sua drinking life ottimale, come dicono gli esperti, può iniziare 20 anni dopo l’imbottigliamento) e anche questo contribuisce a far lievitare il valore. Un Lafitte del 1982 costa tre volte in più che un Lafitte del 1996.
Il mercato è rappresentato dall’indice Liv-ex 100 (pesato per quasi il 99% con etichette francesi e per l’1,1% con vini italiani) che, come si vede nel grafico, negli ultimi cinque anni ha nettamente battuto azionariato e obbligazionariato mondiali.
Mentre l’investimento può essere realizzato attraverso i fondi specializzati, fra i quali Credit Suisse raccomanda il Kempen Orange Wine Fund e l’Owc Vintage Wine Fund, che hanno una correlazione più stretta con la forte crescita dell’indice. Altri fondi, che si sono diversificati verso produzioni di media qualità, hanno pagato in termini di minore performance questa scelta.
I rendimenti
Ritorno % medio annuo dell’indice Liv-ex Fine Wine (vini di qualità) a confronto con l’Msci World Equità (azionario), il Jpm Global Govt Bond (obbl.) e il Crb (materie prime) dal 2001 al 2006
Msci World Equity: 8,11
Jpm Global Bond Index: 8,36
Crb: 11,54
Livx100 Index: 10,58
Fonte: Credit Suisse

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