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Il Sole 24 Ore

Un brindisi alla storia e al blasone ... Bordeaux chateau Latour, annata 2003, prezzo fissato al momento dell’uscita sul mercato: 250 euro a bottiglia. A metà 2006 valeva già 530 euro, un incremento del 112% sull’investimento iniziale. Investire in vino e ottenere plusvalenze da capogiro è possibile, ma non così facile come potrebbe sembrare: servono buona e competenza e aggiornamento costante.
Due sono gli strumenti a disposizione dei potenziali investitori: l’acquistò en primeur o quello di singole bottiglie tramite aste.
Già nel XIX secolo, in Francia, i grandi mercati del vino inglesi acquistavano direttamente dai produttori le botti di Bordeaux, le pagavano e le ricevevano in un secondo tempo. Comincia così la storia dell’en primeur, ovvero l’acquisto del vino tramite un contratto a termine (simile ai contratti futures), che Oltralpe è già una realtà e comincia a svilupparsi anche in Italia. L’acquirente paga subito il corrispettivo, sapendo che potrà ritirare la merce solo dopo alcuni anni, in genere tre.
Un altro modo di affacciarsi al mondo degli investimenti in vino - una strada che in Italia è ancora poco esplorata - è quello delle grandi aste internazionali. Le principali si svolgono a Londra o a New York e sono organizzate da Christie’s e Sotheby’s, mentre la nuova frontiera è rappresentata da quelle online, con Ebay i pole position. “Gli introiti e i guadagni effettivi per chi investe in vino – spiega Ian D’Agata, direttore di Wineacademy - sono il risultato di tre fattori: la longevità, cioè quanto possono migliorare e invecchiare in bottiglia senza perdere in qualità; la potenziale crescita qualitativa nel tempo, ed è per questo che è, importante degustare i vini alla loro uscita per fissare le caratteristiche organolettiche e valutare il possibile sviluppo futuro; i punteggi assegnati dalle pubblicazioni più prestigiose”. I punti di riferimento a livello mondiale sono tre riviste, tutte americane: Wine Spectator, Wine Advocate e International Wine Cellar. “Un vino sconosciuto che ottenga 90 o più centesimi dall’Iwc - sottolinea D’Agata - può aumentate il suo prezzo di vendita, già dal primo anno, del 25 per cento. Un vino valutato almeno 97 dal Ws o dal Wa può essere tutto immediatamente acquistato dagli importatori degli Stati Uniti, e ricaricato di un 30-40% immediatamente. Con 100, punteggio perfetto, il produttore potrebbe stabilire il prezzo che vuole o quasi”. Gli esperti consigliano di puntare sulle “blue chips, i vini carichi di storia e blasone: i cinque Premier Cru di Bordeaux, il La Tache e La Romanée Conti del Drc, il Chateau d’Yquem, appunto, il Grande australiano, qualche vino cult californiano, Sassicaia e Masseto in Italia”. Attenzione, però, perché i rischi possono essere sempre in agguato. “Sei punteggi assegnati sono troppo alti rispettò all’effettivo valore - conclude D’Agata - nel tempo il mercato se ne accorge e porta i prezzi a una correzione verso il basso”.
(arretrato de Il Sole 24 Ore dell'11 settembre 2006)
 

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