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Il Sole 24 Ore

Denominazioni senza difesa ... I vini Doc e Docg vengono poco tutelati dalla concorrenza extra-Ue. Grazie alla legge 164 del 1992 la vitivinicoltura italiana ha ritrovato slancio... Si fa presto a dire Doc. Il vino ha fatto da apripista al made in Italy sul terreno delle denominazioni d’origine. La legge quadro sulle Doc è infatti la 164 del 1992 (anche se la prima disciplina nazionale risale al Dpr 930 del 1963) ed è considerata il vero e proprio trampolino di lancio del vino italiano. Il grimaldello che ha aperto le porte del successo internazionale. Un sistema che però ora a distanza di 14 anni necessita di qualche ritocco per modellarlo a uno scenario globale profondamente mutato. Alla base della legge “164”, quella che ha innescato l’escalation qualitativa del vino italiano, c’era una sorta di mutuo scambio: il marchio d’origine e l’identificazione con un territorio (prezioso volano per l’affermazione all’estero) era attribuito sulla base di rigidi “precetti” produttivi fissati nei disciplinari produttivi (tra i quali il controllo rigoroso delle rese produttive e l’analisi chimico-fisica del prodotto).
D’altro canto il provvedimento fu varato in un momento difficile. All’indomani dello scandalo del vino al metanolo (avvenuto nel 1986) l’obiettivo principale non poteva che essere la riqualificazione della produzione italiana. Con la legge “164” furono così fissate le basi di quello che successivamente è stato ribattezzato il “rinascimento” del vino italiano. Una strategia della qualità che è tutta nei numeri dal 1986 a oggi la produzione è crollata (da 76 milioni di ettolitri si è attestata a circa 50), ma il fatturato del settore è più che triplicato, passando da 2,5 miliardi a circa 9, mentre il controvalore delle esportazioni è passato da 0,8 miliardi di euro ai 2,8 del 2005. E che questo sviluppo sia stato accompagnato dal sistema delle denominazioni d’origine è testimoniato dal fatto che in vent’anni il numero di vini Doc, Docg e Igt è passato da 228 a 466. Tuttavia, non bisogna farsi abbagliare dai numeri. L’universo delle denominazioni d’origine, infatti, sconta oggi due problemi.
Da un lato, sul piano interno, il sistema definito con la legge 164 va rivisitato e adattato a una situazione di mercato che ha visto spuntare nuovi agguerriti concorrenti internazionali. In particolare, i rigidi precetti produttivi di fronte alla quasi totale mancanza di regole dei principali competitor (Australia, Usa, Sudafrica, Cile) si sono sempre più spesso rivelati un vestito troppo stretto nel quale rientrare (basti pensare che per i vini Docg sono definite in maniera inderogabile aspetti come la tipologia di tappi utilizzabili). E sotto questo profilo sono allo studio correzioni di rotta in grado di fornire un’iniezione di flessibilità operativa. Una delle ipotesi, per esempio, prevede il rilancio del marchio Igt che preservando un legame con il territorio d’origine, rispetto alle Doc, consente maggiore libertà riguardo al bacino di approvvigionamento della materia prima e alle tecnologie di cantina utilizzabili. Dall’altro, sul piano internazionale, va sottolineato che una volta superati i confini comunitari, i marchi Doc e Docg scontano un deficit di tutela.
E di fronte alle accuse dai Paesi extra-Ue che a più riprese hanno bollato le denominazioni come un ostacolo alla libera concorrenza, il sistema delle Doc e Docg ha segnato qualche passo indietro. Un attacco pesante ha riguardato l’elenco di 17 menzioni tradizionali (tra le quali alcune griffe del made in Italy come Brunello, Amarone, Morellino, Recioto, Sforzato, Vino Nobile) che l’Italia voleva blindare e che, invece, a determinate condizioni, potranno essere indicate in etichetta anche da produttori extra-Ue. Insomma, a un produttore argentino o australiano, basterà dimostrare un uso almeno decennale di una determinata menzione, per poter continuare a indicare sulle bottiglie di un proprio vino termini di sicuro richiamo come Amarone o Brunello. Con buona pace del tanto decantato legame fra Doc e territorio d’origine. Una pesante e indiscriminata liberalizzazione sancita dal regolamento 753/2002 contro il quale a nulla è valso il ricorso alla Corte di giustizia Ue presentato dai produttori italiani. Un chiaro esempio che testimonia come, al di là delle flessibilità operative introdotte sul piano nazionale, il sistema delle denominazioni d’origine senza idonei meccanismi di tutela internazionale difficilmente potrà recitare in futuro quel ruolo di leva competitiva per il quale era stato pensato.

BOTTIGLIE DI QUALITA’...
Piemonte: Doc 45, Docg 9, - produzione in percentuale 63,75%
Valle d’Aosta: Doc 1, Docg 0, - produzione in percentuale 47,9%
Liguria: Doc 8, Docg 0, - produzione in percentuale 35,49%
Lombardia: Doc 15, Docg 3, - produzione in percentuale 65,17%
Veneto: Doc 24, Docg 3, - produzione in percentuale 23,52%
Friuli Venezia Giulia: Doc 9, Docg 2, - produzione in percentuale 56,86%
Trentino Alto Adige: Doc 7, Docg 0, - produzione in percentuale 83,36%
Emilia Romagna: Doc 20, Docg 1, - produzione in percentuale 17,25%
Toscana: Doc 35, Docg 6, - produzione in percentuale 50,47%
Marche: Doc 14, Docg 2, - produzione in percentuale 36, 69%
Umbria: Doc 11, Docg 2, - produzione in percentuale 21,75%
Lazio: Doc 26, Docg 0, - produzione in percentuale 25,83%
Abruzzo: Doc 3, Docg 1, - produzione in percentuale 29,57%
Molise: Doc 3, Docg 0, - produzione in percentuale 14,94%
Campania: Doc 17, Docg 3, - produzione in percentuale 6,11%
Basilicata: Doc 3, Docg 0, - produzione in percentuale 8,19%
Puglia: Doc 25, Docg 0, - produzione in percentuale 4,68%
Calabria: Doc 12, Docg 0, - produzione in percentuale 11,99%
Sicilia: Doc 22, Docg 1, - produzione in percentuale 1,05%
Sardegna: Doc 19, Docg 1, - produzione in percentuale 26,87%

GLOSSARIO...
DOC
La Denominazione d’origine controllata indica che un vino è stato prodotto in una area delimitata (per esempio Valpolicella) e che gli standard enochimici ed organolettici rientrano nei parametri fissati dei disciplinari di produzione. Oltre ai limiti quantitativi, come le rese uve/ettaro, i vini Doc sono sottoposti a un esame organolettico.

DOCG
Le Denominazioni d’origine controllata e garantite devono rispettare regole ulteriori rispetto a quelle delle Doc. La Docg si differenzia dalla Doc per il contrassegno di Stato (La fascetta rosa intorno al collo della bottiglia) che viene assegnato in base agli ettolitri prodotti. Rispetto alla Doc, inoltre, l’esame organolettico del vino viene ripetuto prima di ogni fase di imbottigliamento per verificare che le caratteristiche del prodotto siano rimaste immutate.

IGT
I vini a Indicazione geografica tipica sono considerati vini da tavola di qualità superiore e non sono denominazioni d’origine vere e proprie. Per le Igt le uve devono provenire per almeno l’85% dalla zona indicata in etichetta (per esempio Igt Toscana). In etichetta può essere riportato anche il nome del vitigno utilizzato(per esempio Sangiovese) se almeno l’85% del vino proviene dalla varietà indicata. Si tratta di aspetti che offrono maggiore flessibilità rispetto alle Doc riguardo all’approvvigionamento della materia prima. Sono previsti controlli quantitativi, ma non qualitativi.
(arretrato de Il Sole 24 Ore del 27 novembre 2006) 

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