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Il Sole 24 Ore

Per l’agricoltura scatta l’allarme recessione ... Congiuntura. Nel terzo trimestre 2006 il Pil è calato del 5,8 per cento. Politi (Cia): crisi strutturale, servono misure coraggiose... L’agricoltura non riesce ad agganciare la ripresa. La fiammata dei listini delle commodity agricole infatti non è bastata a innescare un processo di recupero. La rilevazione Istat del Pil relativa al terzo trimestre segna per l’agricoltura ancora un calo del rispetto allo stesso periodo 2005. Anche se sul trimestre precedente si segnala un lieve recupero (0,1%), l’andamento è comunque in controtendenza se paragonato al trend generale del sistema produttivo che ha messo a una crescita dell’1,7 per cento. L’impennata dei prezzi è dunque riuscita ancora il sistema anche se è un segnale incoraggiante. Dopo due anni di depressione, infatti, si segnala alta tensione sul fronte dei prezzi agricoli che hanno registrato aumenti medi di circa il 15% con picchi per frutta, cereali e pomodoro. E la raffica di rincari ha investito anche i mercati zootecnici. Ma l’impresa agricola continua a essere in forte affanno stretta nella morsa dei costi.
A comprimere i margini è soprattutto la bolletta energetica, ma pesa anche l’onere di altri fattori della produzione, come agrofarmaci e fertilizzanti, che secondo un recente studio realizzato dall’Università di Bologna sono più cari rispetto a Paesi concorrenti. E poi c’è il deficit storico di competitività per la polverizzazione delle imprese e una presenza ancora spot sui mercati esteri dove sistemi più organizzati, come quello spagnolo, scalzano il made in Italy. «Un dato che purtroppo ci aspettavamo e che conferma tutte le difficoltà dell’agricoltura che vive una persistente e preoccupante crisi strutturale - commenta il presidente della Cia, Giuseppe Politi - ed evidenzia l’esigenza di affrontare in maniera chiara e concreta i problemi del settore». La Cia chiede dunque terapie forti in grado di rimettere in moto il settore che, secondo il bilancio fornito dall’organizzazione, registra oltre alla flessione del valore aggiunto, un calo degli investimenti di circa il 2% e il taglio dei redditi (tra 3 e 5%) mentre i costi di produzione continuano a crescere del 2 per cento.
«Ora - ha spiegato ancora Politi- c’è il dato favorevole dei prezzi, ma non possiamo continuare ad aspettare quello che succede. Una volta chiusa la Finanziaria bisogna mettere in cantiere misure per rafforzare la competitività». E la concorrenza più temibile, secondo la Cia, non quella dei paesi extracomunitari, ma dei partner Ue.
«E' vero - dice Politi - che l’export del vino ci sta dando grandi soddisfazioni e sui mercato Usa abbiamo sorpassato la Francia, ma dobbiamo vedere anche chi c’è alle spalle. La Spagna ci ha sfilato l’olio d’oliva e l’ortofrutta e tra 2-3 anni ci attaccherà anche sul vino».
Per la Confagricoltura si sta pagando un assestamento complicato in un settore ancora molto fragile con scarti tra volumi produttivi e prezzi. L’organizzazione «vede» comunque prospettive favorevoli per i redditi dei produttori anche se - spiegano da Palazzo della Valle - bisogna capire poi come la filiera riuscirà ad ammortizzare l’aumento dei listini». Tra le debolezze strutturali Confagricoltura sottolinea l’onere dei costi produttivi a cominciare dal lavoro. L’organizzazione riconosce che nel 2006 c’è stata una salutare boccata d’ossigeno con il rafforzamento delle agevolazioni contributive nelle aree svantaggiate ma segnala comunque un gap elevato con i partner Ue. E intanto brucia la delusione per la mancata estensione del cuneo fiscale ai lavoratori a tempo determinato. La Coldiretti invita a considerare due aspetti importanti: da un lato l’effetto clima sul terzo trimestre, dall’altro l’esclusione dalla fotografia Istat dell’evoluzione delle nuove attività che hanno allungato il campo d’azione delle aziende multifunzionali e che rappresentano una componente crescente del reddito.

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