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Il Sole 24 Ore

Allo spumante Ferrari è l’ora dei Lunelli junior ... Aziende di famiglia. La terza generazione arriva alla guida... Un anno fa la definizione delle competenze. E ora per la terza generazione della famiglia Lunelli di Trento sono arrivate anche le deleghe operative. Così in casa Ferrari Spumante, messo da parte «un 2006 brillante», come lo definisce il presidente Gino Lunelli, è arrivato il nuovo organigramma. Che vede i fratelli Franco (72 anni), Gino (67) e Mauro (58) passare ufficialmente il testimone a figli e nipoti. (mentre Giorgio e Carla, pur soci, non hanno mai avuto impegni operativi in azienda). L’anno scorso Ferrari Spumante ha visto le spedizioni sfiorare i cinque milioni di bottiglie, con ricavi a 50milioni di euro per un consolidato a 70 milioni.
Il rimescolamento delle carte porta il giovane Matteo anni) figlio di Giorgio, ad assumere la carica di vice presidente esecutivo, affiancando l’amministratore delegato Guido Pianaroli nella gestione del gruppo, compresa l’attività dell’acqua minerale Surgiva (50 milioni di bottiglie). L’altro nome è quello di Camilla, figlia di Mauro, che aggiunge alla responsabilità della comunicazione anche quella delle pubbliche relazioni, fino allo scorso anno campo d’azione esclusivo dello zio .presidente. Infine l’enologo Marcello (38 anni), figlio di Franco e primo della terza generazione a mettere piede in azienda, che accorperà le competenze relative a produzione, controllo qualità e supervisione cantine e aziende agricole: otto “masi” in Trentino e tenute in Toscana (Podernovo) e Umbria (Castelbuono) per un totale di 190 ettari di vigneti.
A completare il quadro manca la casella del marketing per il momento affidata a un manager di fiducia, ma che nel breve periodo dovrebbe andare a un altro Lunelli. Il candidato sembra essere Alessandro, 28 anni e figlio di Mauro, attualmente impegnato a fare pratica negli uffici marketing nella sede Unilever delle Filippine. Ovviamente a scegliere sarà l’interessato, ma solo dopo avere completato quello che il presidente Lunelli definisce il “tirocinio che tutti i membri di famiglia debbono compiere, come dipendenti, presso aziende o gruppi terzi”. I fratelli Lunelli infatti considerano l’esperienza esterna una requisito “indispensabile” per i membri di famiglia che intendano entrare a lavorare in Ferrari.
“Il perché è semplice”, commenta il presidente del gruppo. “Intanto si fa esperienza e si apprendono meglio strumenti, tecniche e conoscenze professionali utili alla persona, e poi si acquisiscono i valori dell’essere lavoratore dipendente. Se questi requisiti e valori mancano, è difficile che si possa essere dei bravi imprenditori”. Non a caso Matteo, Camilla e Marcello prima di accedere in casa Ferrari hanno fatto il loro viatico. Matteo, dopo la laurea in Economia alla Bocconi ha lavorato per cinque anni in Goldman Sachs tra le sedi del Lussemburgo, Londra e New York; anche Camilla esce dalla Bocconi e, dopo un paio d’anni alla Deloitte, si è occupata per altri tre anni di comunicazione lavorando negli uffici Onu di New York, Nigeria e Uganda. Stessa trafila per Marcello, laurea di agraria a Milano e tirocinio di enologo maturato tra l’Istituto di San Michele all’Adige, alcune cantine del Sudafrica e la ferrea guida dello zio Mauro.
“I miei nipoti - dice il presidente Gino - hanno tutto quello che è mancato alla mia generazione, nel frattempo i valori del fare impresa oggi non sono gli stessi vissuti da me e dai miei fratelli. I giovani sicuramente sono più preparati di noi anziani ed è giusto che siano loro a prendere le decisioni opportune. E questo vale anche per la gestione dèl marchio Ferrari, che non è il nostro nome di famiglia ma è come se lo fosse, anche se a volte ci penso...”.
Ormai in vena di amarcord, Gino Lunelli tira fuori dal cassetto dei ricordi un particolare inedito: l’idea, cioè, di quando nei primi anni Settanta aveva pensato di cambiare il nome di Ferrari in Lunelli. “Da poco tempo mio padre - racconta - aveva trasferito la sede dell’azienda dal centro di Trento qui a Ravina, dove ci troviamo. Con i miei fratelli discutemmo se cambiare il nome, poi disgraziatamente mio padre morì e non ne facemmo più nulla. Meglio così”. Sì, proprio meglio così, visti i risultati non solo in numeri di bottiglie di spumante (da 45mila del 1970 a cinque milioni di oggi), ma soprattutto per quello che evoca il sottile perlage dello spumante Ferrari.
(arretrato de Il Sole 24 Ore dell'11 marzo 2007) 

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