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Il Sole 24 Ore

Export record per il vino italiano ... Nel 2006 dai mercati esteri ricavi al massimo storico di 3,2 miliardi. Vinitaly. Si inaugura oggi a Verona il Salone internazionale - Attesi 5miLa buyer da tutto il mondo... Sono arrivati da 32 Paesi e non sono solo espositori che di per sé costituiscono già un piccolo esercito. La carta magica che il Vinitaly di quest’anno (apre oggi fino al 2 aprile) si appresta a giocare sono i cinque mila buyer che hanno mandato la loro prenotazione da tutto il mondo attratti dal prestigio dell’appuntamento veronese e ancora di più dalla bella immagine che il vino made in Italy ha saputo costruire negli ultimi vent’anni. E non sono parole di circostanza. Le informazioni che vengono dal fronte dell’export sono incontrovertibili: nel 2006 le vendite sui mercati internazionali di vino italiano hanno fatto il botto. Ed è avvenuto quello che non si vedeva dalla prima metà degli anni 80: sfondare il tetto dei 18 milioni di ettolitri. Ebbene, è proprio quello che si è verificato ora che si sono sfiorati addirittura i 18, milioni con un aumento del 15 per cento sull’anno precedente.
Non accadeva appunto dal 1985, mentre l’anno dopo sarebbe scoppiato lo scandalo del metanolo. Il botto del 2006 si completa con la performance dei ricavi, che per la prima volta raggiungono il valore record di 3,2 miliardi di euro, come suggeriscono le indicazioni provenienti da Istat e Ice, con una crescita sul 2005 del 6,5 per cento. Stando quindi a questi valori il 19% degli scambi mondiali di vino è alimentato da prodotti made in Italy. I numeri però non dicono tutto, poiché se è vero che l’export cresce, non mancano i nodi da sciogliere. Uno, per esempio, riguarda la decisione del Governo di Londra che ha espresso l’intenzione di inasprire le già elevate accise che gravano sul commercio del vino.
E sempre in tema di tasse e dazi, è molto alta anche la barriera fiscale in vigore alle importazioni di vino in India. Un mercato, quello del Paese asiatico, che secondo Lamberto Vallarino Gancia ha buone opportunità di crescita, vista la grande attenzione che proprio gli indiani hanno per la tavola e i prodotti made in Italy. Il problema principale è però rappresentato proprio dei dazi elevati, che di fatto scoraggiano le importazioni. Della questione lo stesso Gancia se ne è occupato nel corso di un recente viaggio in India, fatto in qualità di presidente degli imprenditori vinicoli europei, con esponenti del Governo locale. Un primo passo al quale presto dovrebbero seguirne altri. Nel frattempo all’Italia non resta che riflettere sul modesto evolversi della domanda interna. Il consumo di vino nella Penisola da un bel po’ di tempo è stabile intorno ai 50 litri pro-capite.
Per contro, si assiste a una tendenza degli acquisti che va a premiare più che la marca i prodotti delle fasce di prezzo più convenienti. Un orientamento che certo “ha una sua ragione d’essere nello stato di salute dell’economia del Paese”, osserva Sergio Dagnino del gruppo cooperativo Caviro. Che aggiunge: “Sembra evidente che il consumatore medio tenda non a escludere dalla propria tavola prodotti di qualità, ma a privilegiare quelli che hanno il miglior rapporto tra qualità e prezzo. E oggi fare vino di bassa qualità non conviene nemmeno all’impresa”.

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