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Il Sole 24 Ore

Vino: leadership europea insidiata dai nuovi Paesi ... Alimentare. Presentato a Parigi il rapporto annuale Oiv... Il quadro generale sembra lo stesso di sei anni fa. Eppure nel mondo del vino in una manciata di anni molte cose sono cambiate. E altre cambieranno a breve. La leadership in senso ampio resta saldamente ancorata all’Europa, con il 60% della produzione (170 milioni di ettolitri su 284 milioni, le proiezioni 2006) e il controllo di 53 sugli 83 milioni di ettolitri che formano l’interscambio mondiale di vino. Ma la sensazione è che il futuro lavori per i Paesi terzi: la pattuglia dei nuovi vignaioli si fa sempre più folta e strutturalmente più capace.
È un fatto che dall’inizio del nuovo millennio a oggi la dimensione del vigneto mondiale, pari a7,9 milioni di ettari, abbia subito limature marginali nell’ordine di poche migliaia di ettari l’anno. In realtà la situazione è assai più fluida di quanto si pensi, come lascia ben capire un dettagliato rapporto presentato a Parigi dall’Organisation Internationale de la Vigne e du Vin (Oiv), cui aderiscono buona parte dei Paesi produttori di vino del mondo. Per prima cosa è accaduto un forte travaso di superfici da un’area a un’altra del globo, con l’Europa che da 3,75 milioni di ettari del 2000 scende a 3,56 milioni oggi, pari a una perdita secca che sfiora i 200mila ettari. A trarne vantaggio sono i Paesi terzi capeggiati dai cosìddetti e ben noti nuovi Paesi produttori (dall’Australia al Sud Africa, dal Cile all’Argentina, dalla Cina al Brasile) che insieme ora dispongono di 4,36 milioni di ettari.
Contemporaneamente a ciò, anche i consumi sono oggetto di un cambio di tendenza. Fiacchi, per quanto riguardala domanda nelle aree di più antica tradizione enologica (126,6 milioni di ettolitri), dopo un 2005 che aveva dato la sensazione dì innescare la ripresa (127,5 milioni). Un calo che provvidenzialmente è stato compensato da un trend positivo verificatosi altrove, fuori dall’Europa. Con gli Usa che di fatto si trovano a fare l’andatura, al punto da diventare l’area geografica che importa (7,5 milioni di ettolitri) più di ogni altro Paese al mondo.
A proposito di interscambio, ecco che dal rapporto Oiv, di cui è direttore il manager italiano Federico Castellucci, emerge nitidamente la formazione di un gruppo di Paesi terzi che irrompe da protagonisti sul mercato mondiale. Il risultato è che questi Paesi - Argentina, Cile, Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti - grazie a un marketing innovativo e a un’aggressiva politica condotta in particolar modo sulla leva prezzo, sono riusciti a raddoppiare in soli dieci anni la propria quota di business mondiale, passando dal 15 per cento del 1996 al 27,4 per cento del 2006. La crescita in parte è dovuta al contemporaneo aumento avutosi nei volumi di vino movimentati (83 milioni di ettolitri) e per un’altra parte deriva dall’assorbimento di quote perse dai concorrenti. Vale a dire i maggiori Paesi produttori ed esportatori europei, la cui incidenza nello stesso arco di tempo è calata di 14 punti, al 62 per cento.
Un contesto dunque tutt’altro che incoraggiante per l’Europa. E non giova certo il fatto che nel frattempo l’Italia continui a inanellare una serie di risultati positivi sui mercati internazionali, come suggeriscono i flussi di crescita dell’export degli ultimi anni (nel 2006 +8% in quantità e +4,5% in valore) e dei primi mesi del 2007. A perdere è tutta l’Europa. E questo deve fare riflettere quanti si accingono a discutere della nuova riforma Ocm-vino.
www.oiv.int  

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