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Il Sole 24 Ore

Più fondi Ue per il vino italiano ... Respinto il fronte franco-tedesco, passa la linea Frattini-Almunia. La riforma comunitaria. Formalizzata, tra molte perplessità, la proposta della commissione... Dopo un anno di riflessioni e dibattiti, la Commissione europea ha formalizzato ieri la proposta di riforma del mercato comune del vino, per eliminare storture e sprechi del passato e aumentare la competitività a fronte della montante concorrenza delle etichette del “nuovo mondo”, dalla California all’Australia.
“Una profonda riforma è cruciale - ha spiegato il commissario Ue all’Agricoltura, Mariann Fischer Boel -; l’Europa resta al primo posto per la produzione e l’esportazione di vino, ma non ci possiamo nascondere che stiamo perdendo quote di mercato”. Il progetto, che punta a una riduzione di 200mila ettari di vigneti nell’arco di cinque anni e al mantenimento di un budget annuale di 1,3 miliardi, contiene elementi che fanno discutere. In particolare, la liberalizzazione dei diritti di impianto dal 2014, l’eliminazione delle distillazioni di crisi (che pesano per 500 milioni l’anno sul budget Ue) e i vincoli, considerati troppo blandi, sull’etichettatura Doc.
Nel testo finale è stato però mantenuto il divieto allo zuccheraggio, nonostante fosse sgradito al fronte dei Paesi nordici, Germania in testa. Ma è sul piano finanziario che si è schivata una prima trappola. Nel corso della seduta della Commissione, Franco Frattini e lo spagnolo Joaquin Almunia sono riusciti a neutralizzare gli attacchi del fronte franco-tedesco, sostenuto da vari Paesi dell’est, che puntava a cambiare le chiavi di ripartizione degli aiuti nazionali, in senso favorevole a Parigi e svantaggioso per Roma e Madrid. L’offensiva aveva fatto scendere dal 66% al 50% il peso di ripartizione dei fondi, con Spagna e Italia al primo e secondo posto, facendo aumentare invece ettari e produzione alla Francia.
Alla fine, Frattini e Almunia, con l’appoggio della Fischer Boel, hanno ottenuto che a Italia e Spagna venissero erogati importi aggiuntivi, per riportare i fondi a livelli vicini a quelle risultanti dall’applicazione del criterio originario più favorevole: a Roma sono stati così assegnati 3,9 milioni di euro in più rispetto ai 160 previsti per il 2009 (29 dei quali per la promozione) e altri importi aggiuntivi annuali crescenti fino a 7,1 milioni che si cumuleranno ai 214 milioni previsti per il 2015.
Aspre critiche sono state espresse dai rappresentanti dei consorzi Doc di Italia, Francia, Spagna e Portogallo, nei confronti del nuovo metodo che dovrebbe centralizzare a livello Ue le denominazioni d’origine. La Fischer Boel ha assicurato che l’uva delle etichette Doc dovrà essere vinificata anche in futuro nelle zone d’origine. Tuttavia, il regolamento proposto è più vago rispetto a quello per i prodotti alimentari.
“La proposta non è accettabile perché rimette in discussione più di 200 anni di storia - ha commentato il presidente di Federdoc, Riccardo Ricci Curbastro -, dobbiamo mantenere un legame forte con il territorio e respingere l’idea che il vino si possa farsi a centinaia di chilometri dalla zona di produzione delle uve”.
I rappresentanti dei vini doc dei quattro Paesi temono che la liberalizzazione degli impianti nel 2014 possa portare a un aumento di 1 milione di ettari a denominazione d’origine, con effetti destabilizzanti. Criticato anche il budget di soli 3 milioni per la promozione all’interno dell’Ue (ma si deve fare conto con la sensibilità nordica nelle campagne contro l’alcolismo).
La Fischer Boel ha però ricordato che 120 milioni andranno alla promozione dei vini europei nel mondo, con un co-finanziamento nazionale che li può portare a 240. “Vari altri settori - ha concluso - guardano con invidia a questa dotazione”.

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