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Il Sole 24 Ore

I due amori di Moretti la moda e il buon vino ... L’amore per la qualità è il filo che cuce due grandi passioni: la moda e il vino, il bello e il buono, in un gruppo che fattura circa 300 milioni di euro l’anno. Antonio Moretti assicura: “Le sinergie fra questi due mondi sono molte più di quanto si possa pensare”. Il cuore del suo impero, oltre agli affari immobiliari, resta il settore fashion che vale circa 80 milioni di euro: l’imprenditore aretino è presidente della Calzolai&Pellettieri di Firenze, che produce le scarpe artigianali Car Shoe (un brand che appartiene al 51% al gruppo Prada e al 49% alla famiglia Moretti), e i marchi di calzature e pelletteria Arfango e Bonora. Nel 1977 ha fondato Modi & Moda, una catena di grande distribuzione Con 14 punti vendita in Italia. L’azienda controlla ogni fase: dalla ricerca delle tendenze di stile alla scelta dei tessuti, fino al controllo qualità e alla vendita in negozio.
Girando il mondo per affari, Moretti, nato ad Arezzo nel 1951, si è fatto un’idea ben precisa: “Esiste un gruppo di persone che ha gusti “trasversali”: mi capita spesso di conoscere gente che lavora nel mondo della moda e a cui piace il vino d’alta qualità. D’altra parte, il mio mestiere di produttore di vini mi ha permesso di costruire un patrimonio di relazioni importanti ed è stato un volano per il business legato alla moda”. Anche se nella gestione economica. fra i due settori resta un divario invalicabile: “Se si fa una politica esasperata della perfezione nel produrre vino, non bisogna guardare solo ai numeri. Anzi, la qualità spesso “fa a cazzotti” con business plan e conto economico”, scherza Moretti. “Nella moda, invece, le cifre del bilancio sono tutto”. La passione per il vino ha spinto Moretti a investimenti a ciclo continuo, senza badare a spese.
Oltre alla storica Tenuta Sette Ponti nel cuore del Chianti, che il padre Alberto comprò dalle principesse Margherita e Maria Cristina Di Savoia d’Aosta, l’imprenditore ha fondato l’Azienda agraria Poggio al Lupo, in Maremma. A fine anni ‘90, Antonio Moretti rimase stregato dalla bellezza della Val di Noto, in Sicilia orientale: qui ha creato il Feudo Maccari, che produce Nero d’Avola con la coltivazione “ad alberello”, un metodo importato dai greci che richiede la cura manuale di 5.555 ceppi per ettaro. Il vino e la moda, nell’extralusso, viaggiano in parallelo. Il filo comune è l’artigianalità. A mano sono curate anche le calzature Arfango, lavorate con il metodo della “concia in fossa”, che risale al quindicesimo secolo: la pelle, dopo la preparazione e la pulitura, viene messa a riposo in vasche d’acqua mescolata a estratti di mimosa e quercia. Solo in un secondo momento viene ingrassata, ammorbidita e fatta asciugare per mesi. Infine viene tirata e lucidata a mano con alghe e cera.
“Ho una tendenza innata all’esasperazione che mi porta a cercare sempre la qualità migliore: da poco ho estirpato un intero vigneto perchè non rispondeva ai miei standard”, racconta con orgoglio. Produzione vinicola e abbigliamento: Moretti ha in mano due fra i migliori biglietti da visita del made in Italy nel mondo. E si è fatto un’idea ben precisa delle prospettive future dell’azienda-Italia: “Siamo destinati ad avere “imprese virtuali” perché non è vero che l’extralusso può essere prodotto solo qui: posso progettare scarpe di lusso nel mio Paese, ma poi farle cucire tranquillamente in Ucraina o Moldavia, dove ci sono ottimi operai specializzati a bassi costi. Basta che ogni fase produttiva sia controllata dal cervello dell’azienda, che resta in Italia”, ragiona. A detta di Moretti, le potenzialità vanno colte, piuttosto, nell’offrire i propri prodotti extralusso a una classe alto-borghese sempre più globalizzata: “L’altra sera ero a Bucarest, in Romania, per una cena d’affari. Ho visto uno sfarzo impressionante in ristoranti e negozi. Sembra l’Italia ai tempi del boom: chi fino a qualche mese fa gestiva un’officina, ora ha messo su una fabbrica”. Moretti crede che i mercati del futuro siano nell’Est Europa e in Asia: “Lì c’è una classe agiata già educata al valore del made in Italy. Un mondo che pian piano si sta aprendo all’extralusso”.

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