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Il Sole 24 Ore

Vino protagonista nonostante l’euro ... Alimentare. Bene anche caffè (+19%) e formaggi (11,4%)... L’osanna alla tavola made in Italy arriva da Est come da Ovest, dal Nord e dal Sud del mondo. A reclamare spaghetti e vini piuttosto che extravergine d’oliva, prosciutti e formaggi di casa nostra sono i grandi ristoranti del jet set ma anche le innumerevoli trattorie di italiani all’estero che fanno onore al buongusto tricolore.
Il risultato è che le esportazioni alimentari a marchio Italia continuano a dare soddisfazioni, anche se le condizioni congiunturali tutt’altro che serene finiscono per pesare sul trend finale. E però un fatto che nonostante il caro euro e i costi energetici alle stelle, i flussi all’export della Penisola continuano a restare in terreno positivo.
Sulla base dei dati Istat presentati al recente Agrifood di Verona, l’export aggregato di cibi e bevande made in Italy nel solo mese di settembre ha chiuso con un +4,2% rispetto allo stesso mese del 2006, portando il consuntivo parziale dei nove mesi a +3,3 per cento.
Crescita modesta, soprattutto se confrontata con il +6% dell’intero 2006, che pure è stato un anno meno brillante del suo precedente. E tuttavia questo non inficia lo stato di buona salute del settore. Che sulla base del disaggregato fermo al periodo gennaio-luglio ha evidenziato una performance incoraggiante. Soprattutto grazie al comparto enologico, in crescita sullo stesso arco di tempo precedente dell’11,5 per cento.
A questo proposito e proprio perché il vino costituisce la voce più impegnativa dell’export made in Italy è interessante osservare come le aziende riescono a vincere la sfida del dollaro debole contro euro forte. Per Francesca Zaccheo della Vinicola Carpineto di Greve in Chianti “il caro euro a questi livelli sta diventando proibitivo. Tuttavia noi non possiamo rinunciare a fare il nostro mestiere. Ecco allora che la strada scelta è quella di concordare a inizio anno con l’importatore un prezzo medio che tutela sia noi che il nostro partner. Il quale per evitare sorprese accende operazioni di pronto-contro-termine trasparenti e senza collegamenti con i cosiddetti “derivati”. In questo modo diventa più agevole affrontare i rischi di cambio”.
Diverso l’approccio dell’azienda sarda Feudi della Medusa il cui presidente Francesco Siclari osserva che “la questione del cambio ha un impatto diverso a seconda del prodotto che uno fa. Per quanto ci riguarda, essendo Feudi della Medusa produttrice di vini di alta gamma l’impatto cambio ha, sì, la sua importanza ma non è decisivo. I nostri concorrenti infatti sono i vini francesi, che a loro volta hanno gli stessi problemi di tutti i produttori europei”. Ma c’è anche chi cambia strategia. Per esempio la Cavit di Trento che, grande esportatore di propri vini e fornitore del gruppo americano Gallo, di recente ha scisso l’accordo con il gruppo americano per focalizzare le proprie vendite in America fatte unicamente con i vini con propri marchi affidandosi a un distributore storico qual è Palm Bay.
Nella scia del vino anche i formaggi, con un salto positivo dell’11,4% sui sette mesi, mentre più contenuta ma sostanzialmente buona è il +6,8% delle esportazioni dell’area dolciaria.
Buona anche la crescita di comparti molto export-oriented come la trasformazione degli ortaggi, con un +8,5% e il caffè, che vola oltre il 19 per cento. Su livelli interessanti il trend della pasta, con un +7,9% e in leggero miglioramento il trend negativo degli oli di oliva e altri grassi.
Insomma questi dati, per quanto parziali siano, non fanno che confermare il fatto che cibo e bevande made in Italy costituiscono ormai un must elettivo del saper vivere a livello planetario. Motivo per cui vale la pena continuare a investire e non solo da parte delle imprese. La cui buona volontà e impegno da soli non sono sufficienti a reggere il confronto internazionale.

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