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Il Sole 24 Ore

Vino, l’ombra dello scandalo ... Venti aziende coinvolte per aver venduto prodotti adulterati... Nel giorno dell’inaugurazione del Vinitaly la doccia fredda delle indagini dei magistrati... Sul vino italiano si allunga l’ombra di un nuovo scandalo metanolo. Proprio durante l’inaugurazione della 42a edizione del Vinitaly ieri a Verona, tra gli stand della principale vetrina del vino italiano non si parlava d’altro: gli esperti dell’Ispettorato per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari (ex ispettorato per la repressione delle frodi) coordinati da due procure della Repubblica, stanno indagando da oltre sei mesi alla “più grande sofisticazione alimentare mai scoperta in Italia”. O almeno così viene definita l’inchiesta subito ribattezzata “Velenitaly” (pubblicata dal numero del settimanale l’Espresso oggi in edicola) che ha portato a individuare - e sequestrare - alcune bottiglie di vino che di vino ne contengono ben poco. Secondo quanto appurato dalle indagini (capofila ne è la procura di Taranto), infatti, nelle bottiglie sequestrate è stata rinvenuta una miscela di svariate sostanze: dall’acqua ad alcune sostanze chimiche, dai concimi ai fertilizzanti fino – addirittura - ad alcuni grammi di acido muriatico. Acidi utilizzati, paradossalmente, per mascherare il ricorso allo zucchero il cui utilizzo in cantina è vietato dalla legge. E il vino? E presente in percentuali inferiori al 30% per ogni litro. Secondo gli inquirenti si tratta di almeno 700mila ettolitri (una produzione pari a quella media di una intera regione come la Sardegna), tali da riempire circa 40 milioni di fiaschi e confezioni di tetrapak (sono coinvolti i due impianti di imbottigliamento nel bresciano e nel veronese), e messi in vendita nei negozi e supermercati come vino a basso costo con un prezzo compreso tra un minimo di 70 centesimi e un massimo di due euro al litro.

Al momento, solo una parte dei prodotti sofisticati è stata sequestrata. I quantitativi potenzialmente interessati - spiegano al ministero per le Politiche agricole - sono stimati sulla base dei documenti sulla movimentazione delle merci che sono stati rinvenuti nell’ambito delle stesse indagini. Tra i beni sequestrati, infatti, risultano anche due stabilimenti, la Enoagri export e laTirrenia vini entrambi di Massafra (Taranto).

Quest’ultima definita dagli inquirenti “una miniera di carte”. Nei locali dell’impianto sono infatti stati rinvenuti molti documenti risultati taroccati e realizzati anche da aziende di Trapani. Tutte imprese che, secondo i magistrati, risultano collegate alla malavita organizzata di Puglia e Sicilia. Tra le 20 aziende coinvolte anche otto imprese delle provincie di Alessandria, Bologna, Brescia, Cuneo, Modena, Perugia e Verona.

Se gli impianti sequestrati sono nel Sud l’inchiesta è infatti partita al Nord e precisamente a Veronella (Verona) in una cantina già coinvolta, vent’anni fa, nel famoso scandalo del vino al metanolo. In quella cantina, quando nello scorso settembre hanno fatto irruzione gli agenti del Corpo forestale di Asiago, hanno trovato accanto alle cisterne, taniche piene di acido cloridrico e acido solforico.

“Le irregolarità riscontrate in alcune aziende - ha detto ieri a Verona il ministro per le Politiche agricole, Paolo De Castro rappresentano solo una mosca bianca in un mare magnum di imprese che si battono creando opportunità di reddito e produzioni di qualità. Penso solo occorra fare un plauso per i continui controlli che garantiscono la qualità delle nostre produzioni”.

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