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Il Sole 24 Ore

“Le tutele ci sono ma ingessano il settore” ... “I1 disciplinare di produzione di un vino non è e non può essere eterno. I regolamenti sono essenziali, ma non debbono essere rigidi, si debbono potere modificare. In origine lo Champagne non aveva le bollicine; il Bordeaux di un secolo fa era rosato, gli inglesi che 1o hanno scoperto ancora oggi lo chiamano “Claret” perché si usavano molto le uve Malbec che sono di un rosso chiaro; oggi prevalgono i Cabernet e il Merlot e il vino è rosso intenso”.
Il professore di Enologia all’università di Bordeaux, Denis Dubourdieu, non è per nulla sorpreso dal ‘caso’ che da qualche giorno coinvolge il Brunello di Montalcino, con alcuni grandi produttori finiti sotto inchiesta per sospetto utilizzo di vitigni diversi dal Sangiovese. Professore, perché le regole non debbono essere rigide?

Attenzione, le regole sono assolutamente necessarie e vanno obbligatoriamente rispettate. Però non possono essere definitive. Sappiamo che il gusto dei consumatori cambia nel tempo; le mode e l’economia hanno il loro peso; lo stesso clima cambia. Dunque i produttori debbono potere avere la possibilità di adeguare i loro vini alla domanda che cambia.

Ma così si rischia l’anarchia.
Assolutamente no. Non sto dicendo che ognuno deve potere fare ciò che vuole. Dico invece che la comunità di un territorio deve potere aprirsi al nuovo che avanza dandosi norme più efficaci per affrontare il mercato.

Dunque una riforma continua della legge. E così che fate voi in Francia con i vostri vini Aoc (Appellation d’origine contròlée)

Veda la Francia ha una legislazione che risale al 1934, su quella base l’Italia (e anche la Spagna) ha sviluppato la legge delle Doc del 1963 e successiva modifica della legge 164 del ‘92. Ma mentre in Francia i disciplinari fissano quali sono i vitigni che si possono utilizzare per fare un vino, ma lasciando a ciascun produttore di essere libero di usarli tutti o alcuni e con percentuali a scelta libera, sicché ogni esprime un proprio stile, in Italia (ma anche in Spagna) si è voluto fare di più stabilendo le percentuali di vitigno piuttosto che di un altro.

Quindi il vino italiano è più controllato?

E certo una scelta coraggiosa che tra l’altro costa molto di più in termini assoluti, ma è anche molto rigida. Con tutti i limiti del caso. Spetta ai produttori decidere cosa vogliono fare, ma una volta deciso non si può fare di testa propria.

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