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Il Sole 24 Ore

Così il colore della foglia ha “tradito” il Brunello … La storia. Secondo il disciplinare deve contenere Sangiovese… A volte i colori fanno la differenza. In ottobre le foglie delle viti di Sangiovese diventano gialle. Quelle di Merlot e Cabernet, invece, virano al rosso. Senza questa particolarità naturale, l’inchiesta sul grado di purezza del Brunello di Montalcino (in base al disciplinare della Docg deve essere 100% Sangiovese), probabilmente non sarebbe decollata.
Nata dall’esposto di un produttore (circostanza non confermata ufficialmente), è dalla verifica sul campo della presenza di vitigni diversi dal Sangiovese all’interno delle vigne registrate come Brunello, grazie proprio alla diversità cromatica delle foglie, che lo scorso autunno ha preso forza l’indagine della magistratura e della Guardia di finanza di Siena. I successivi controlli sul vino presente in almeno 13 cantine hanno portato al sequestro cautelativo di oltre un milione di bottiglie dell’annata 2003, con il sospetto di contenere uve diverse dal Sangiovese in una misura compresa tra il 7 e il 15 per cento.

Le accuse, naturalmente, sono da dimostrare. Ma il fatto contestato non è un fulmine a ciel sereno. Da qualche anno, infatti, nel mondo dei produttori di Brunello (sono circa 200 e aderiscono tutti al Consorzio di tutela del marchio) si sono formate due correnti di pensiero distinte: chi interpreta il disciplinare come un dogma e chi invece vorrebbe modificarlo; quanti vedono nel rispetto rigoroso della tradizione l’unica arma per continuare ad avere successo, e quanti al contrario sono convinti che per sconfiggere la concorrenza sia indispensabile adeguarsi, almeno in parte, ai gusti del pubblico.

Queste due anime rispondono a filosofie e politiche di business diverse: da una parte le imprese “product oriented”, dall’altra quelle “market oriented”. Tutti sono attenti alla qualità del prodotto, e tutti guardano con interesse al mercato. Ma con intensità e approcci che possono cambiare e non di poco. I grandi gruppi, per loro natura, sono più propensi a confrontarsi con le innovazioni della concorrenza internazionale e con i gusti del pubblico nei diversi Paesi. Le aziende piccole, generalmente, sono più attaccate alla tradizione e alla forza del loro prodotto.

Tutto sembra che sia iniziato con un esperimento, nel 1996, fino a identificare una sorta di nuovo mix di uve locali che adesso qualcuno ha messo a disposizione della Guardia di finanza. Lo scontro, che avrebbe potuto spaccare il mondo del Brunello, però non è mai esploso alla luce del sole.
“La verità è che la maggioranza dei produttori è contraria a un’ipotesi di modifica del disciplinare”, dice Francesco Marone Cinzano, presidente del Consorzio di tutela del marchio.

“Cambiare sarebbe sbagliato - aggiunge il direttore, Stefano Campatelli -. La nostra identità è legata al Sangiovese e non ci ha impedito negli anni di raggiungere risultati importanti, anche nei confronti della concorrenza internazionale”. Ma la sensazione è che questa storia difficilmente lascerà tutto come prima.

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