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Il Sole 24 Ore

Troppe carenze nella tracciabilità di Doc e Docg … Intervista. Donato Lanati… “Questi scandali sul vino dimostrano che il nostro sistema delle Denominazioni d’origine, così come è, non funziona più”. A intervenire sui casi di cronaca che hanno coinvolto il mondo vitivinicolo (si veda “Il Sole 24 Ore” di ieri), è il professor Donato Lanati, docente di enologia all’Università di Torino e titolare del centro di ricerche Enosis Meraviglia di Fubine (Alessandria). E interviene per fare chiarezza e distingue re i casi di sofisticazione vera e propria (come quella al centro delle indagini delle procure di Verona e di Taranto) dal mancato rispetto del disciplinare di produzione (che invece ha portato nei giorni scorsi al sequestro di 600mila bottiglie di Brunello di Montalcino dell’annata 2003).
“Se confermata, la prima è una vera e propria frode alimentare - spiega Lanati - ed è molto grave. In quel caso sono più che sufficienti i metodi già largamente sperimentati come l’analisi dell’alcalinità delle ceneri o del tipo di antociani presenti. Altra cosa invece è fare Brunello non in purezza come previsto invece dal disciplinare di produzione, utilizzando cioè altre uve oltre a quelle Sangiovese.
Effettuare tagli di uve non consentiti dal disciplinare di produzione non ha ripercussioni sulla salute dei consumatori. Resta però il problema etico.
Al quale si può porre rimedio. Sulle uve si può utilizzare la risonanza magnetica nucleare che, basandosi sulla ricerca di idrogeno e ossigeno, nel vino consente di chiarire se è stata utilizzata acqua o è stato aggiunto zucchero. Ma per individuare la provenienza delle materie prime occorre dell’altro. Ad esempio, il metodo che si basa sulla ricerca degli elementi minerari della terra - lantanidi, metalli pesanti e i loro isotopi - che consente di individuare una matrice. Una vera e propria impronta digitale che dal terreno si è trasferita prima alla pianta, poi al grappolo e infine al vino. Insomma nell’uva il territorio d’origine lascia una matrice precisa. Basta cercarla.
Eppure anche il sistema delle Doc e Docg dovrebbe garantire di ricostruire il percorso produttivo.
Io invece mi chiedo: ma le Doc e le Docg sono davvero controllate e garantite? In realtà si basano su una tracciabilità solo cartacea e sulla successiva certificazione di commissioni di degustazione che, come dimostrano le indagini, possono sbagliare.
E possibile raggiungere un maggior livello di certezza.?
I muovi metodi di analisi consentono di fare un salto chiave: e cioè passare da una tracciabilità solo cartacea e documentale a una che poggia invece su basi scientifiche. Inoltre l’origine certificata e dimostrabile sta diventando, soprattutto all’estero, un nuovo parametro di mercato, un vero e proprio plus in grado di differenziare le produzioni e garantire un vantaggio competitivo alle imprese.
Ai mercati internazionali interessa l’origine?
Il consumatore internazionale vuole sicurezza alimentare, tracciabilità e certezza dell’origine. Molte aziende italiane lo hanno capito e stanno investendo proprio in questa direzione e anche l’Ispettorato per il controllo della qualità del ministero per le Politiche agricole si sta attrezzando con importanti aggiornamenti proprio su questi temi.
Ma non si è sempre detto che il futuro era dei vini monovarietali australiani?
La domanda globale di vino sta cambiando. In particolare sul mercato Usa, il principale per l’export italiano, i consumatori si stanno ormai disaffezionando ai vini da monovitigno (chardonnay, Cabernet) e di pari passo con l’evoluzione dei gusti cercano prodotti differenti e meno omologati. E i nostri vini garantiscono non solo la qualità legata al vitigno utilizzato, ma anche una qualità fondata sull’identità territoriale che deve però essere certificata.

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