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Il Sole 24 Ore

Nuove denominazioni:
in arrivo la riforma del vino ... Dall’agosto del 2009 l’Italia dovrà trasformare Docg, Doc e Igt in Dop e Igp. Lo stabilisce la riforma del mercato comune del vino. Sulle denominazioni deciderà in esclusiva Bruxelles.


Vino, in soffitta il marchio Doc ... Da agosto del 2009 l’attuale normativa lascerà il posto alle sole Dop e Igp... Con la riforma Ocm tutto il sistema delle denominazioni d’origine verrà gestito in via esclusiva da Bruxelles... Che cos’hanno in comune i vini Franciacorta (Lombardia), Cesanese del Piglio (Lazio) e Malvasia di Lipari (Siciia), oltre al fatto di essere appunto tutti e tre nettari di Bacco? L’orgoglio di avere già la Denominazione di origine controllata e garantita (il primo da molti anni, il secondo da alcuni giorni), oppure di aspirare ad averla quanto prima (il terzo). Ma mentre il disciplinare del Franciacorta è stato appena modificato, con la riserva del nome alla Docg (l’ormai ex Terre di Franciacorta Doc è mutato in Curtefranca) e il Cesanese del Piglio è stato appena elevato di rango, appuntandogli la mitica “g” di “garantita”, per la Malvasia di Lipari la procedura pronta a partire rischia di complicarsi.
I 40 (quaranta!) delegati del Comitato vini, ente del ministero delle Politiche agricole preposto alla gestione delle Doc, oggi decadono da ogni competenza. E del nuovo non si sa ancora nulla. Mentre all’orizzonte avanza l’obbligo per l’Italia (ma anche per gli altri Paesi Ue) di tramutare entro 12 mesi le Docg, Doc e Igt esistenti in Dop e Igp. Lo stabilisce la recente riforma del mercato comune (Ocm) del vino, con la novità che dall’agosto 2009 a decidere sulle future denominazioni sarà competenza esclusiva di Bruxelles. Come è stato fatto finora con 113 Dop e 58 Igp, che fanno dell’Italia il Paese con il maggior numero di denominazioni alimentari, pari al 21% dell’intero paniere europeo.
La Docg è, sulla carta, la punta
più nobile della piramide dei vini di qualità made in Italy. Il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro le riassume: 39 Docg, 316 Doc, 118 Indicazioni geografiche del territorio (Igt). In totale 472 titoli che pesano all’incirca per la metà sui 50 milioni di ettolitri divini prodotti nella Penisola Un numero che negli ultimi mesi e solo per Docg e Doc è cresciuto di 25 unità, passando da 330 a 355.
Ben nove sono state le nuove Docg, tra cui due Barbere di Asti e del Monferrato superiore (destinata a creare confusione con l’altra Barbera del Monferrato Doc). E naturalmente il Cesanese del Piglio prodotto in una ristretta zona della Ciociaria (150 ettari) per un totale di 400-600mila bottiglie nelle versioni bianco, rosso, spumante e dolce per dessert. Di fatto una proliferazione di riconoscimenti che certo non esalta l’operato del Comitato. Sarà per questo che i responsabili del consorzio di tutela del Sangiovese di Romagna Doc hanno optato per le ricercatissime “sottozone” di Predappio, Bertinoro, Faenza e Colli riminesi. Una scelta unica e coraggiosa in Italia.
Tuttavia l’istituto delle Doc
mantiene piena efficacia laddove l’intento di premiare la grande qualità del prodotto viene perseguito. E non v’è dubbio che in quanto a vini di rango la Malvasia di Lipari (o di Salma), definito vino “eroico” per le difficoltà di coltivazione sui terrazzamenti di montagne delle isole eoliane e per la bontà dell’essenza in esso contenuta, ha titoli da vendere. Ma della sua questione a occuparsene sarà il prossimo Comitato vini, quando sarà costituito. L’augurio è che ciò avvenga quanto prima. Magari invitando i nuovi delegati ad applicare maglie meno larghe di quelle utilizzate fino adesso.
Che ci siano cose da correggere lo lascia intuire lo stesso presidente Flavio Tattarini, chiamato un anno fa in sostituzione dell’onorevole Udc Tommaso Zanoletti, ufficialmente dimessosi per incompatibilità con la carica di parlamentare ma sottovoce per attriti con l’ex ministro Paolo De Castro. Tattarini, già presidente dell’Enoteca Italiana di Siena, su indicazione del ministro Luca Zaia ha già sollecitato le associazioni professionali a dare i nominativi dei propri delegati. Di più. Ha ricordato ai destinatari della circolare che “per statuto non possono più essere nominati coloro che hanno già maturato due mandati all’interno del Comitato”.
La cosa ha fatto storcere la bocca a non pochi ex delegati, alcuni dei quali hanno scambiato la poltrona di consiglieri del Comitato come un proprio feudo personale a vita. Per questo finora le risposte si contano sulle dita di una mano. A questo si aggiunga il fatto che con il passaggio della normativa delle denominazioni sotto l’ala della Commissione Ue, il Comitato è destinato a perdere competenze. Di qui il suggerimento del presidente dell’Uiv Andrea Sartori di ridurne il numero e fare sì che la sua composizione rispecchi meglio gli equilibri del mercato.
Non certo, però, il Comitatovini perderà peso in materia di applicazione della l64, la legge italiana dei vini Doc che risale al 1992 e della cui riforma si discute da tempo. A parole tutti sono d’accordo che la riforma si faccia, ma poi chiamati al dunque si prende tempo. Che però stringe. Ne è convinto il neo presidente di Federvini Lamberto Gancia, secondo il quale “oggi siamo avvantaggiati. Sappiamo già che fra un anno ci sarà una rivoluzione nel sistema delle denominazioni. Non dobbiamo fare altro che tenerne conto e agire di conseguenza. Non farlo potrebbe essere troppo tardi”.

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