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Il Sole 24 Ore

La finanza torna all’aratro: hedge a caccia di terreni ... Un tempo i proprietari terrieri vivevano in campagna, a stretto contatto con i loro investimenti. Oggi i nuovi latifondisti lavorano a Wall Street o nelle stanze dei palazzi governativi. Protagonisti assoluti del fenomeno del land grabbing, l’accaparramento di terreni coltivabili, sono paesi come l’Arabia Saudita o la Cina, dotati di grandi capitali, ma privi delle risorse agricole necessarie per sfamare la propria popolazione. La crisi economica e il crollo dei mercati finanziari hanno tuttavia attirato nella stessa arena un numero crescente di hedge funds, alla ricerca di nuovi asset capaci di generare un ritorno anche in tempi di recessione: investitori in questo caso interessati non tanto al raccolto, quanto alla raccolta. Del risparmio, si intende.
L’acquisto di terreni coltivabili a fini speculativi non è una novità assoluta. Ma l’interesse non è mai stato così vivo. A New York in questi giorni è in corso un convegno dedicato esclusivamente a questo tipo di investimento, intitolato ”Global Agro Investing”, che ha attirato centinaia di professionisti del mondo finanziario. Tutti desiderosi di approfondire le potenzialità di un settore ancora poco conosciuto, ma che si è già conquistato l’entusiasmo di parecchi guru dei mercati: dal finanziere George Soros a Lord Jacob Rothschild, erede della celebre dinastia di banchieri.
Nonostante la competizione stia rapidamente aumentando, ”questo è un business che potrà dare ancora molte soddisfazioni nei prossimi 10-15 anni”, assicura Jeffrey Conrad, presidente dell’Hancock Agricultural Investmcnt Group, uno dei pionieri del settore, in cui ha cominciato a investire nel 1990. Il suo fondo negli ultimi cinque anni ha avuto un rendimento medio annualizzato del 12,9% e Conrad si aspetta che anche i suoi concorrenti possano puntare in futuro a un rendimento lordo tra il 9 e il 12 per cento.
I rischi, soprattutto di tipo normativo e valutario, non mancano, specie per i fondi che investono in paesi in via di sviluppo, con governi ed economie instabili. Tuttavia, accumulare ettari di terra è relativamente facile e quasi ovunque non vi sono regole o controlli eccessivamente rigidi. Inoltre, i fondamentali del settore sono decisamente robusti. Specie se si guarda al medio-lungo periodo.
La terra è infatti un bene in offerta limitata: al massimo si può migliorare la resa delle coltivazioni, ma ricavarne di nuove è sempre più diffìcile. Per contro, la domanda non potrà che aumentare, insieme ai bisogni alimentari della popolazione mondiale, che nei prossimi quarant’anni potrebbe crescere da 6 a 9 miliardi di persone. Il successo dei biocarburanti e i rischi del cambiamento climatico non fanno che rafforzare la tendenza.

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