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Il Sole 24 Ore

Metti in tavola un Chang Yu d’annata ... A quando l’arrivo in grande stile della birra Tsingao sugli scaffali dei supermarket italiani? Cinese, ha molto successo oltre la Grande muraglia, anche grazie al know how tedesco importato fin dal lontano 1903. Prenderà piede anche da noi, cultori di bionde, nere e rosse, a fermentazione più o meno naturale?
Forse il suo arrivo non è per domani. Così come ancora lontani restano il brandy Moutai o il cabernet Chang Yu. Almeno secondo gli analisti della società di consulenza Interbrand. Ma certo fin d’ora è che la lunga marcia dei marchi globali partoriti negli emergenti è iniziata e, probabilmente, procederà a tappe forzate, come rileva una ricerca pubblicata ieri dal quotidiano britannico Financial Times. Così, a poco a poco, ci abitueremo ai marchi del caffè colombiano Juan Valdez con il suo carattcristico contadino con sombrero e mulo; oppure acquisteremo online il sauvignon (ordine minimo: 300 bottiglie) della Chang Yu, il più grande produttore di vino cinese (attivo, dicono, a Vantai nello Shandong, dal 1892); dopo quelli svizzeri, magari impareremo a gustare i cioccolatini libanesi della Patchi o i succhi di frutta e gli yogurt della saudita Almarai nel moderno packaging delle sue confezioni. E ne conosceremo molti altri, come abbiamo imparato a riconoscere il brand Haier per frigoriferi e lavatrici, o Lenovo per i computer, o ancora Huawei per le telecomunicazioni e i cellulari.
Magari ai gruppi emergenti manca ancora il know huw sul fronte del marketing e della comunicazione. Anche per questo vanno in giro per il Nord del mondo alla ricerca di reti distributive o competenze manageriali. Come, viceversa, preso atto della concorrenza e dei mercati prossimi venturi, i big occidentali cercano alleanze con i nuovi protagonisti: è il caso di PepsiCo che ha stretto a Riad una joint venture con la Almarai per distribuire in Asia, Africa e Medio Oriente. Mentre in Russia ha messo le mani (e non pochi soldi) su Lebedianski, il più grande produttore di succhi di frutta del paese. I gelati della Inmarko sono andati invece alla Unilever.
Anche questa è la faccia del nuovo mondo. Crisi o non crisi. Un nuovo mondo che camminerà anche con le scarpe ecologiche (e poco costose) delle brasiliane Melissa, Divalesi e Goòc. E si muoverà con le auto clettriche della cinese Geely o dell’indiana Reva.

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