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Il Sole 24 Ore

Sono tanti i punti ancora da chiarire ... Intervista. Piero Antinori... “Per un po’ ci ha visti tutti appassionatamente disponibili a discutere, criticando o elogiando un aspetto piuttosto che un altro della norma. Poi la questione è sembrata scemare. Come se la riforma del mercato del vino non interessasse più a nessuno”. È perplesso Piero Antinori, presidente emerito di Federvini e vignaiolo tra i più rappresentativi nel mondo, nel rispondere al cronista che gli chiede cosa pensa della nuova Ocm vino che dal primo agosto diventa operativa in tutta l’Unione europea. Presidente, cos’è che non la convince della riforma? La riforma in sé è attesa da tempo e il fatto che diventi operativa mi sembra una buona cosa. Ciò che mi lascia perplesso sono alcuni aspetti della norma che mi sembrano ancora poco chiari. A quali aspetti allude? Per esempio penso alla possibilità dei vini comuni di riportare in etichetta il nome della varietà e l’anno di produzione. Si tratta di aspetti qualificanti che debbono sottostare a severi controlli. Ma non mi pare che questo sia possibile, visto che il catasto vitivinicolo è ancora in alto mare. In tema di denominazioni di origine la riforma stabilisce il passaggio dal sistema delle Doc/Igt a quello delle Dop/Igp, con relativa competenza decisionale che si sposta da Roma a Bruxelles. Non ritiene che così facendo il valore del territorio rischia di annacquarsi? Non v’è dubbio che il passaggio delle competenze comporta una perdita secca per l’Italia, come pure per gli altri grandi paesi produttori. Ma c’era da aspettarselo, visto che le politiche decisionali in materia agricola nella Ue tendono sempre più a concentrarsi su Bruxelles. Vorrà dire che bisognerà aumentare la vigilanza e dare più forza decisionale alle nostre rappresentanze. In effetti nelle passate settimane solo l’attenzione di Italia e Francia ha permesso di bloccare la sciagurata idea della Commissione Ue di fare vino rosato con la tecnica della miscela. Però in materia di promozione questo non sarà possibile, dato che la ripartizione dei fondi privilegia il localismo. La decisione Ue di stanziare fondi per la promozione del vino nei paesi terzi è un atto assai utile. Lo è meno il fatto di avere permesso, almeno in Italia, che il 70% di questi fondi venga gestito dagli enti locali e solo il 30% dal ministero delle Politiche agricole. Non mi pare una scelta saggia, perché vi è il forte rischio che le risorse vengano disperse in mille rivoli e con poca efficacia. Molto meglio sarebbe creare una cabina di regia che coordini le iniziative ed elabori un messaggio unico che aiuti a fare crescere l’immagine del vino italiano nel mondo.

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