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Il Sole 24 Ore

Mancano i decreti sulle nuove regole ... Gli operatori: troppi punti poco chiari... Sulle denominazioni d’origine e indicazioni di territorio l’Italia si gioca un pezzo del suo futuro. Lo sa bene Gianni Zonin, vignaiolo ramificato in tutta la Penisola e già sostenitore della proposta Igt Italia.
Dice l’imprenditore: “Mi sono speso affinchè si arrivasse ad avere l’Igt Italia, l’unica che a mio parere avrebbe dato una personalità ben distinta a vini che Doc non sono. Avremmo accelerato le procedure, uniformato i controlli e migliorato il processo produttivo. In una parola avremmo dato più competitività alle imprese. Non è andata così. Peccato. Ora c’è la nuova riforma e va presa così com’è. Un punto comunque è salvo: la normativa da atto al nuovo spirito internazionale dei mercati del vino”.
Anche Josè Rallo di Donnafugata è dell’avviso che non si può contestare tutto e che, comunque si veda il problema, alla fine la nuova Ocm mette a disposizione dei produttori opportunità che prima non c’erano in materia di promozione delle produzioni di qualità del territorio. Elementi, questi, assolutamente primari per l’a.d. di Santa Margherita, Ettore Nicoletto, che pure ha rischiato di vedere il Pinot Grigio confinato tra i vitigni da tavola. E tutti sanno in Italia e nel mondo quanto impegno la Santa Margherita abbia impiegato per fare del Pinot Grigio un vino di marca e di successo.
Molto critico, invece, è il vignaiolo Angelo Gaja. In una lettera al sito WineeNews, il re del Barbaresco parla di occasione persa dall’Italia “che non ha saputo far valere le proprie ragioni al tavolo delle trattative a Bruxelles”. Le ragioni? “Molte”, a cominciare “dalle varie associazioni di categoria, accanite nella difesa dei rispettivi interessi e incapaci di tessere tra di esse uno straccio di accordo comune”. E queste associazioni come reagiscono?
Può sembrare strano, ma è così: Confagricoltura, Cia e Coldiretti una volta tanto sono unite nel denunciare il pericolo che in Italia si arrivi a produrre vino dealcolato. Ora, se la denuncia voleva essere diretta a Bruxelles, arriva in grave ritardo, visto che il regolamento è ormai legge.
Più probabile che sia una iniziativa preventiva destinata all’Italia, dove la questione sarà oggetto di discussioni. Per questo il presidente dell’Unione italiana vini, Andrea Sartori, prende la questione al volo e osserva come “la dealcolizzazione altrove è consentita. Se ai produttori italiani verrà impedito di farla, nulla vieta che possa essere importato e commercializzato vino di tal fatta. E allora, addio parità”. Un tema di lana caprina che certo spetterà al ministro delle Politiche agricole Luca Zaia dirimere, il quale però ha già fatto sapere che il vino dealcolato non gli passa neppure per la testa.
C’era da prevederlo, visto che Zaia questa riforma, fosse dipesa da lui, non l’avrebbe mai firmata: “L’ho ereditata e non la condivido - ha detto in più di un’occasione -, per questo il nostro lavoro a Bruxelles è stato diretto a porre rimedio a certe criticità inaccettabili”. Chiaro il riferimento allo stop, riuscito in collaborazione con la Francia, sulla produzione del vino rosato miscelato.

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