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Il Sole 24 Ore

Si sgonfia la bolla dello champagne, lo spumante brinda ... Storico sorpasso nella produzione... Questione di prezzo? Può darsi. La verità è che la crisi non risparmia lo champagne, il prodotto immagine della grandeur francese. Il vino che non deve mancare mai nelle occasioni che contano, quando si suggella un affare o in occasione di un tête-à-tête a lume di candela, ha problemi di vendita. Le cave di Epernay e Reims sono stracolme di bottiglie invendute. E allora che fare, con l’uva matura sulle piante? Il rimedio è ridurre di un terzo la vendemmia, abbattendo la produzione di quest’anno a 260 milioni di bottiglie e regalando su un vassoio d’argento il primato allo spumante made in I taly. Che ne fa 328 milioni, di cui la metà venduta all’estero. La questione del sorpasso è però un’altra. Certo, i tempi cambiano, la crisi non dà tregua. Ma i consumatori non sono disposti a rinunciare alle buone maniere, stappando una buona bottiglia di vino con le bollicine. E se Wall Street non aiuta, beviamoci sopra. Italiano, naturalmente: lo spumante costa meno e ha tutto per poter celebrare l’attimo vincente.

Champagne in ritirata, leadership allo spumante ... Storico sorpasso dopo il calo dell’output francese... Spumante batte Champagne 328 a 260 milioni di bottiglie. Naturalmente non è il bis della finale di coppa del mondo, ma il confronto di una partita giocata tra le vigne al di qua e al di là delle Alpi. Con il risultato che colloca per la prima volta le bollicine made in Italy ben oltre la produzione stimata per un simbolo della grandeur francese, lo Champagne. Prima il Wall Street Journal, che ieri ha mandato in orbita la notizia del taglio produttivo di Champagne 2009 a 260 milioni di bottiglie: quasi 65 milioni in meno rispetto alla produzione di un anno fa e inferiore di 80 milioni sul 2007. Poi la Coldiretti che, dopo aver fatto quattro calcoli, ha rilanciato, sottolineando il significato del sorpasso storico. Cosa di per sé relativa a un mero rapporto produttivo che, però, è nei fatti e nei numeri di un mercato degli spumanti considerati nella loro complessità. Vale a dire sommando lo spumante classico (23 milioni di bottiglie) con il vino rifermentato in autoclave (305 milioni). Ma tant’è. Di vero c’è che i vigneron, condizionati da un andamento di mercato tutt’altro che gioioso, si sono visti costretti ad accettare l’ultimatum lanciato da negociant e producteur. I quali, allarmati per il gran numero di bottiglie ferme nelle cave argillose di Epenay e Reims - si stima siano 1,3 miliardi di bottiglie, ma altre fonti arrivano anche a 2 miliardi -, hanno dovuto accettare le rigide proposte della controparte, rinunciando così a vendemmiare quasi un terzo delle preziose uve di Chardonnay e Pinot nero ormai mature sulla pianta. “È un fatto che lo Champagne, dopo 16 anni di continuo sviluppo - osserva Gianpietro Comolli, direttore del Forum dello spumante italiano - si trova a dover fare i conti con una domanda internazionale in forte diminuzione. In Europa nel 2008 il calo ha superato il 7%, con un meno 11% in Italia. Nella stessa Francia c’è stato un taglio di quattro punti. E tutto questo davanti a prezzi delle uve che sono arrivati a spuntare anche 6 euro al chilo. La conseguenza è stata l’accumulo degli stock ben oltre la soglia strategica di tre anni, vale a dire 800-900 milioni di bottiglie. Di tutt’altro tenore lo stato di salute degli spumanti made in Italy che, a dispetto del difficile momento attraversato dall’intero comparto vinicolo, godono invece di un maggiore interesse da parte della domanda nazionale e internazionale”. Il motivo si spiega con l’alto livello qualitativo raggiunto sia dal prodotto classico (Franciacorta, Talento, Trento) che dallo spumante rifermentato in grandi recipienti (altrimenti noto con il metodo Martinotti o Charmat). Ma, soprattutto in questa fase di rnercato, a fare la differenza è il prezzo, con gli spumanti decisamente più competitivi rispetto allo Champane. A questo si aggiunga anche l’ampiezza della varietà dell’offerta nazionale, con prodotti che vanno dal gusto dolce dell’Asti (con 75 milioni di bottiglie è il vino più prodotto della Penisola e anche il più esportato: oltre il 70%) alle varie gradazioni di secchi, ai vari vintage, fino all’aromatico Prosecco. Una fascia di proposte che arrivano a 328 milioni di bottiglie prodotte, di cui metà destinate al consumo interno e un’altra buona metà esportata in 70 paesi. Il tutto con un giro d’affari al consumo che il Forum stima assai vicino a 2,5 miliardi di euro. Un valore sicuramente destinato a crescere, non tanto per interventi al rialzo sulla leva prezzo, quanto per le nuove opportunità che il fenomeno spumante sta registrando a scapito del vino normale, la cui domanda tende a diminuire anche per effetto di misure restrittive che sembrano aver colto di sorpresa il consumatore medio italiano. Che a questo punto deve rimodulare l’approccio culturale al consumo di bevande alcoliche.

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