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Il Sole 24 Ore

Il mondo dei vino cambia etichetta ed entra nell’era Dop ... Al via anche lo sportello unico per i produttori... Dall’11 maggio in vigore il Dlgs 61/2010... Il vino si fa più trasparente, ma il cambiamento non riguarda il colore. Il decreto legislativo n. 61/2010 con cui l’Italia si adegua alle norme europee modifica il settore viticolo in maniera radicale, dalla vite fino al bicchiere del consumatore. L’obiettivo (duplice) è quello di assicurare un sistema burocratico più snello per chi produce, garantendo nello stesso tempo la qualità per chi beve. Il provvedimento che riforma uno dei comparti più prestigiosi della produzione nazionale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 26 aprile 2010, è entrato in vigore l’11 maggio. Le norme imposte da Bruxelles stravolgono, prima di tutto, le denominazioni finora usate per classificare i vini: i Vqprd (vini di qualità prodotti in regioni determinate) lasciano il posto ai Dop (denominazione di origine protetta), che si dividono in Doc (denorninazione di origine controllata) e Docg (denominazione di origine controllata e garantita); le Igt (indicazione geografica tipica) confluiranno nelle Igp (indicazione geografica protetta) mentre i vini “comuni” (per i quali viene soppressa la dicitura “da tavola”) dovranno indicare il vitigno senza alcun legame con il territorio di produzione. Ma oltre alle etichette, a cambiare sarà anche la vita dei produttori: “La semplificazione amministrativa introdotta dal Dlgs - spiegano dall’ufficio tecnico del ministero delle politiche agricole e forestali - prevede l’introduzione dello “sportello unico”. Gli strumenti attualmente gestiti dalle regioni (albo vigneti Do, elenco vigne Igt) vengono sostituiti dallo schedario viticolo. In questo modo i produttori non dovranno più effettuare duplici richieste per l’iscrizione dei vigneti all’albo, o per effettuare le variazioni”. Adempimenti semplificati, ma anche controlli più severi: per la prima volta, infatti, le verifiche vengono affidate a un soggetto terzo e non più agli stessi consorzi di produttori. Si tratta, secondo l’ufficio tecnico del ministero, di “una novità di portata storica”. I controlli e le inasprite sanzioni hanno come obiettivo primario quello di garantire trasparenza e qualità nel bicchiere del consumatore, anche di quello meno esperto. La fase due della riforma del settore viticolo prevede adesso l’adeguamento dei disciplinari dei vini (il cui ok definitivo non arriverà più del ministero ma da Bruxelles) alle nuove norme di produzione e commercializzazione. “Le modifiche più frequenti - spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi - riguardano le nuove tipologie di vini recanti il nome di vitigni autoctoni, l’innalzamento dei parametri qualitativi o la possibilità di fregiarsi della Docg, quando i vini possiedono il requisito della rinomanza e del particolare pregio”. Quest’ultimo passaggio, però, diventa più difficile perché il decreto innalza da cinque a dieci anni il tempo necessario per il passaggio da Doc a Docg. “Tutte le Do e Ig che hanno presentato domanda entro il 31 luglio 2009 - spiega Martelli - la valutazione sul nuovo disciplinare è demandata al comitato nazionale vini del dicastero dell’Agricoltura. Le domande pervenute dopo saranno invece di competenza di Bruxelles”. Al ministero sono arrivate ben 320 istanze di nuovi riconoscimenti e modifiche al disciplinari. Fino ad ora ne sono state licenziate circa il 50%: l’altra metà dovrà essere valutata entro settembre 2011, in modo da trasmettere alla commissione Ue tutti i fascicoli entro il 31 dicembre 2011. “Il decreto - commenta Antonio Calò, presidente dell’accademia italiana della vite e del vino - ha chiarito alcune questioni sospese ed è uno strumento in difesa dei prodotti e dei cittadini”. Il mercato, però, non deve fare i conti solo con le norme ma anche con le preferenze dei consumatori: “La nostra penisola è un territorio fortunato perché offre diverse condizioni ambientali e climatiche e una grande varietà di vini - afferma Calò -. Eppure si sente parlare sempre dei soliti prodotti, i più pubblicizzati, che però rappresentano solo il 5% del mercato. Il nostro compito è quello di valorizzare tutti i vini italiani, come i rosati che stiamo cercando di rilanciare”.


Le quote di produzione in base alla nuova classificazione dei vini.

33% Vini Dop. I vini Dop prodotti in Italia sono attualmente 363, di cui 44 Docg e 319 Doc. Sono il 33% dell’intera produzione nazionale.

27% Igp. I vini a indicazione geografica protetta sono 119 e rappresentano il 27% della produzione italiana.

40% Vino. Quello che fino a poco fa era denominato “vino da tavola” rappresenta il 40% della produzione. A differenza di prima, adesso il vino potrà riportare in etichetta, a determinate condizioni, sia il vitigno che l’annata di produzione.


Le dieci principali novità

1. Aceto e vini aromatizzati. Anche i prodotti derivati dalla vite e dal vino, tipo l’aceto e i vini aromatizzati possono utilizzare la Dop o la Igp.

2. L’annata di produzione. Diventa obbligatorio indicare l’annata di produzione in etichetta per tutte le denominazioni di origine.

3. I tempi. Si innalza da 5 a 10 anni il tempo necessario per il passaggio da Doc a Docg, mentre per il passaggio da Igt a Doc occorrono almeno cinque anni.

4. La soppressione degli albi. Vengono soppressi l’albo degli imbottigliatori, l’albo dei vigneti e l’elenco delle vigne.

5. Lo sportello unico. Nasce lo sportello unico: i produttori con un’unica dichiarazione assolvono a tutti gli aspetti burocratici oggi demandati a enti diversi.

6. Obbligo di esami analitici. Per i vini ad Igt (indicazione geografica tipica), fino ad ora erano liberi, viene introdotto l’obbligo degli esami analitici per campione.

7. Comitato vini ridotto. La composizione del Comitato nazionale vini viene ridotto da 29 a 19 membri.

8. I contenitori Docg. Cambiano le capacità dei contenitori che per la Docg passano da 5 a 6 litri.

9. Contrassegni Doc. Viene introdotto l’obbligo dei contrassegni di stato anche sui vini Doc (in alternativa si può utilizzare, su decisione dei consorzi o in loro assenza delle regioni, il lotto).

10. Le sanzioni. Vengono modificate le ammende a cui saranno sottoposti coloro che non rispettano le norme, fino ad un massimo di 100mila euro.


Sanzioni più pesanti.

L’utilizzo delle denominazioni protette o delle denominazioni di origine in mancanza dei requisiti del Dlgs è punito con una sanzione amministrativa da due a 20mila euro. Per la vendita di uve provenienti da vigneti che non presentano le qualità per produrre vini a denominazione d’origine o a indicazione geografica la multa va da mille a 10mila euro.

Il decreto introduce l’obbligo di apporre su ogni bottiglia un contrassegno stampato dall’istituto poligrafico e zecca dello stato: chiunque contraffà o altera tali contrassegni è soggetto a una sanzione da 30mila a 100mila euro. Per chi, invece, immette sul mercato vini sprovvisti di contrassegno la multa va dai 10 ai 50mila euro.

Sono previste anche sanzioni da due a 13mila euro per chi “usurpa, imita o evoca una denominazione protetta, o il segno distintivo di un marchio”.

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