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Il Sole 24 Ore

… L’annata 2010 promette dei cru … Ma la crisi penalizza l’export… “Quando il porcino costa meno del solito, per il vino non sarà una buona annata. Perché, se in questa stagione la pioggia cade copiosa, la crescita dei funghi aumenta mentre la qualità delle uve rischia di essere compromessa”. La speranza di Marco Pallanti, presidente del Consorzio Chianti classico gallo nero, comprensorio vinicolo con vendemmia in corso, è perciò che il clima non faccia i capricci: “Se il tempo tiene, l’annata si prospetta straordinaria. Le uve sono sane e bellissime”. Chissà che, sotto il segno di un raccolto fortunato, anche lo stato di salute del mercato vinicolo possa volgere al bello, come farebbe anche sperare l’andamento positivo registrato nei primi mesi di quest’anno, dopo le sofferenze che hanno contraddistinto il 2008 e (soprattutto) il 2009. “Il Chianti classico - prosegue Pallanti - viene venduto per il 70% sui mercati esteri: in Canada, Germania, Svizzera, Gran Bretagna, Russia, Giappone e, soprattutto, negli Stati Uniti che, da soli, ne importano il 30 per cento. Di conseguenza, è facile capire come la crisi mondiale, e in particolare Usa, ci abbia penalizzati”. Tuttavia, al vino del Chianti, non sono mancati anche in tempi recenti prestigiosi riconoscimenti a ribadirne l’eccellenza. La società agricola I Balzinì di Barberino Val d’Elsa, ad esempio, si è aggiudicata due medaglie nel corso di Vinitaly 2008 e 2009, rispettivamente, con i vini “Colli della Toscana Centrale Igt Rosso 1998” e “Colli della Toscana centrale Igt sangiovese cabernet sauvignon 1999”. Analogamente, sul medagliere della medesima manifestazione, ha fatto il bis (nel 2009 e nel 2010) la cantina Castello d’Albola di Radda in Chianti con il suo “Toscana Igt rosso acciaiolo 2001”. La contrazione subita dal mercato vinicolo in tutto il distretto ha avuto ripercussioni sulle quotazioni dei terreni che sono rimaste stabili (per un ettaro di Chianti Docg il valore di mercato è l00/l50mila euro), ma non solo. Perché sono diverse le aziende agricole messe in vendita da quei produttori che faticano a fare fronte alle spese. È il caso di piccole realtà nate negli anni 90 per iniziativa di chi, a volte abbandonando il lavoro, pensava di far soldi con il business del vino; ma anche di aziende di dimensioni importanti. Per intendersi, quelle che valgono dai 7/8 milioni in su, già sul mercato da qualche tempo in attesa di un acquirente. Secondo un consulente, specializzato in questo tipo di compravendite, l’offerta è di gran lunga superiore alla richiesta: “In un rapporto di uno a dieci”. E tra le cause dello stop delle richieste, oltre alla congiuntura negativa e alla sparizione di investitori esteri (russi in testa), ci sarebbe anche una componente generazionale: “Non c’è ricambio - afferma il consulente -. I figli vogliono fare altro. Così il mercato è fermo e i valori tendono al ribasso”. Quanto? Dipende dalle necessità e dall’urgenza dei proprietari. Un’azienda del Chianti in vendita inizialmente a 14 milioni di euro, ad esempio, è stata proposta a nove pur di vendere, in pratica uno sconto del 36 per cento. Non è certo un dato medio, ma chi oggi ha di che investire può fare ottimi business.

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