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Il Sole 24 Ore

Il vino corre oltreconfine Export al nuovo record ... Mediobanca stima vendite estere a 3,9 miliardi per i gruppi maggiori... Il “low-cost” perde quota Antinori: l’anno è partito bene... Il vino italiano piace sempre di più, tanto che nel 2010 l’export ha stabilito un nuovo massimo storico. E l’export è oramai l’unico traino per crescere, compreso l’anno in corso su cui gli operatori sono, in larga parte, ottimisti. Finisce invece sotto pressione la redditività, con un costo del lavoro che brucia il 71% del valore aggiunto netto: é quanto emerge dall’indagine sul settore vinicolo pubblicata dall’ufficio studi di Mediobanca che analizza 103 aziende vinicole con un fatturato superiore ai 25 milioni di euro. Dopo il calo del 4,1% accusato nel 2009,11 fatturato delle società italiane produttrici divino l’anno scorso è cresciuto del 5% a 4,4 miliardi, record storico per questo paniere. Soprattutto grazie all’export che viaggia a vele spiegate, con vendite in crescita dell’8,5%, mentre il giro d’affari sul mercato internò è aumentato di un modesto 2,1%. I dati Istat indicano il valore dell’export in circa 3,9 miliardi con un prezzo medio all’export salito da 1,75 euro al litro a 1,77 dopo l’1,98 del 2008.
“Siamo soddisfatti dei risultati - dichiara Rolando Chiossi, vicepresidente del leader tricolore Cantine Riunite & Civ - e siamo ottimisti anche sul 2o11: rimangono vivaci Usa, Canada e Germania, ma molto dipenderà dal tasso di cambio. Nel 2010 il rafforzamento del dollaro ci ha aiutati. Se invece oggi si rivalutasse l’euro rientrerebbero in gioco i vini australiani, cileni e argentini”. Cantine Riunite & Civ esportano il 70% del fatturato e nel 2010 hanno registrato un consolidato di 449 milioni, +25milioni sull’esercizio precedente. Anche Piero Antinori, presidente dell’Istituto Grandi Marchi, conferma che 112011 iniziato molto bene sui mercati internazionali. “Ci sono ancora - dice l’imprenditore toscano - aspettative di crescita per gli Stati Uniti che, ricordo, è diventato il primo paese consumatore al mondo per quantità importate. Ma attenzione anche agli emergenti: per esempio la Russia, fino a quattro anni fa inesistente, oggi è tra quelli che cresce di più”. Adriano Orsi, presidente del vitivinicolo di Fedagri, si rallegra per il fatto che “anche nel 2010 le cantine aderenti a Fedagri-Confcooperative si attestano ai vertici della viticoltura nazionale: 27 società delle 103 di Mediobanca sono cooperative”. Tornando al report di Mediobanca, gli analisti sottolineano che nel 2010 il 77% delle imprese ha registrato una crescita dei ricavi e per l’anno corrente la percentuale sale addirittura al 94%; c’è però un calo evidente della redditività: l’Ebit sul fatturato é calato al 4,7% nel 2009 dal 49% del 2008 e dal 5,7% del 2007. “Credo - osserva Antinori - sia il risultato di un biennio di crisi. Con il 2010 la redditività ha invertito rotta. E lo confermerà l’anno prossimo anche Mediobanca”. L’industria del vino appare anche patrimonialmente più solida con un rapporto fra debiti finanziari e capitale netto sotto quota i (84,7%), in ulteriore miglioramento rispetto al biennio precedente. In Italia gli operatori maggiori sono le cooperative: la fusione fra Cantine Riunite & Civ, ad esempio, ha dato vita al primo produttore vinicolo con un fatturato di 449 milioni. Completano il podio altre due coop, Caviro (245,9 milioni) e Mezzacorona (144,8 milioni). A seguire le aziende familiari di Antinori (140,1 milioni) e Fratelli Martini (138,3 milioni). Anche la multinazionale Campai, molto impegnata sui liquori, ha in realtà una divisione vini che fattura 175 milioni. I colossi mondiali del settore sono lontani? Oggi un po’ meno. Infatti a volume, il gruppo Cantine Riunite & Civ si colloca al sesto posto al mondo per volumi e al quinto per fatturato, dopo Foster’s Group che fattura 2,7 miliardi, Constellation 2,3 miliardi, Distell 885 milioni, Vina Concha Y Toro 483 milioni e appunto Cantine Riunite & Civ con 449. Prima della cinese Yantai, partecipata anche dalla famiglia Reina roprietaria dell’Illva Saronno. “Questo ci riempie di orgoglio - conclude Chiossi - ma ora, dopo la stagione dello shopping, il portafoglio brand scoppia: cresceremo per vie interne”. Forse ora è tempo di pensare anche alla redditività: all’estero il rapporto fra risultato operativo e fatturato è mediamente più elevato, fino al 36,5% della cinese Yantai.

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