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Il Sole 24 Ore

Profumo d’Oriente sul vino italiano ... Prosecco e Aleatico, nero d’Avola e Vinsanto: le vendite crescono tra il 30 e l’80%... Da Singapore a Taiwan i nostri prodotti hanno successo perché si sposano bene con la cucina speziata... Malese, tailandese, indonesiana e peranakan, ma anche cinese e indiana: cucine piccanti, ricche di spezie e profumi. Sono loro, in Oriente, a fare la fortuna dei nostri vini fruttati, amabili e aromatici, con cui vanno letteralmente a nozze. Esplode così, un po’ ovunque in Sudest asiatico, la mania del Brachetto. “Ma anche Asti Spumante e Moscato, amatissimi in Corea del Sud - racconta Giovanni Oliva, direttore marketing per l’Asia di “Grandi Vini d’Italia Group” - mentre Montepulciano d’Abruzzo, Orvieto e Nero d’Avola, sono più diffusi a Taiwan”. E poi ancora Malvasia, Vinsanto, Aleatico e vini del sud. Alessio Planeta, co-proprietario dell’azienda siciliana è appena tornato da Cina e Singapore: “Nella prima, stiamo introducendo il Cerasuolo di Vittoria prodotto con Nero d’Avola e Frappato - racconta - mentre nella seconda, le prime bottiglie di Carricante fatte sull’Etna. Dopo aver lavorato sui vitigni internazionali, adesso la scommessa si gioca tutta sugli autoctoni”. Un must ovunque è il prosecco: “Ha un potenziale enorme - spiega Giorgio Ferrari, importatore di vino e food a Singapore - e così come succede per i vini meno tannici, si accosta perfettamente alle pietanze spicy. Così, al di là dei supertuscans e dei piemontesi più famosi, noti ad una élite cosmopolita (come l’Amarone amato proprio per la sua morbidezza), il nostro terroir ha di fronte a sé grandi opportunità”. Neofiti sensibili al lifestyle italiano e incuriositi dal vino, ma non tanto da sborsare cifre proibitive per portarlo sulle proprie tavole: così, complice il traino di una ristorazione italiana di qualità sempre più diffusa, la pretenziosa Francia perde posizioni e le nostre importazioni crescono. Secondo dati doganali, tra il 2009 e il 2010, in Corea del Sud, l’Italia è balzata dal quarto al terzo posto con volumi cresciuti del 30%, sorpassando i francesi e posizionandosi dopo Cile e Spagna; mentre a Taiwan l’aumento è addirittura dell’80% su un mercato in salita del 50%. Anche Singapore, ricca di influenze occidentali e liquidità, ha più che duplicato i numeri nel quinquennio 2005-2010, secondo dati IE Singapore. Altro mercato di punta è la Cina, dove secondo dati Ice, nel 2010 l’Italia è diventata il quarto Paese esportatore con una quota di mercato del 6,5%, superando gli Usa: “Qui il vino italiano negli ultimi 3 anni è aumentato di 5 volte - racconta Francesco Visani, responsabile marketing di Antinori - e il Paese si sta evolvendo a ritmi incredibili. Ma la sfida sta nell’integrare la ristorazione internazionale con il mercato dei privati e i consumi dei cinesi, portando il vino nelle case. Hong Kong invece è già avanti: ci sono alcune delle cantine più belle del mondo e una vendita qualificata anche nei supermercati”. Molto promettenti per gli addetti ai lavori pure India, Thailandia, Indonesia e Vietnam. Ma i dati ufficiali sono quasi inesistenti e sottostimati - avverte Oliva - per un forte fenomeno di mercati paralleli e contrabbando che vede gli importatori aggirare i dazi (fino al 400%) calcolati in percentuale sulle fatture. In ogni caso, l’infinità di denominazioni, vitigni ed etichette disorienta il consumatore asiatico medio che spesso finisce per scegliere altro. Anche per questo occorre fare squadra tra aziende, lavorando a braccetto tra “famiglie” sottolineano Anita Piol e il marito Enrico Zonin volati a Singapore insieme ad altre 6 realtà riunite in “Vinitalia Società Consortile”, per presentarsi in modo compatto a buyers e appassionati, in una degustazione organizzata da Felicitas Global.


80%

È la crescita di volumi di vino italiano venduto a Taiwan nel 2010 rispetto all’anno precedente. A Singapore, i volumi sono più che raddoppiati prendendo in esame le vendite nel quinquennio 2005-2010.

400%

È la soglia massima di dazi (calcolati in percentuale sulle fatture) a cui sono soggetti alcuni importatori dell’area asiatica. Questi livelli alimentano un forte fenomeno di mercati paralleli e di contrabbando.

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