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Il Sole 24 Ore

Gastronauta ... Quanti ricordi nel piatto... È stuzzicante rispondere prontamente, quasi ancora a gustare quel sapore, a chi ti chiede: “Quale piatto ti ha lasciato il segno recentemente, o quale vino o quale pasta o che formaggio o salume?”. È invece sconsolante quando, settimane dopo un pranzo o una cena, in un locale magari da hit parade, alla stessa domanda si fatica a rispondere perché la memoria sensoriale è annebbiata, non risponde. Sarà una mia discutibile opinione ma il cibo e il vino sono come i viaggi: hanno valore solo se si rammentano per raccontarli o riviverli non solo per provocare sensazioni nel momento in cui si vivono. Così il ricordo forte di una pietanza è l’impronta indelebile di un locale nel tempo, forse più del nome del cuoco o del locale. Spesso questi “camei” possono essere anche frutto di un momento speciale, di una situazione che non rientra nell’agorà gastronomico, comunque restano nel tempo. Ebbene negli ultimi mesi ho avuto diversi “incontri ravvicinati” riposti nella cassaforte sensoriale, a cominciare dallo “sfizio d’estate 2011, il manzo all’olio estivo” di Vittorio Fusari (La dispensa dei pani e dei vini, fraz. Torbiato, borgo Umberto, Adro, tel. 0307450757). Di questo bravo chef ho anche tanti altri ricordi nel tempo (a cominciare dalla sfogliatina di patate e caviale), ma questa sua “edizione estiva”, leggera, gradevole, ricca di nuances, di un piatto “tradizionale”, lascia la marcatura in bocca per diversi giorni. Per non far torto però ad altri suoi piatti attualmente in carta, ho apprezzato anche il risotto al Franciacorta docg e una chicca “da gole forti”: i bocconcini di sardine essiccate, purea di alici all’aceto di mele. L’estate mi richiama alla memoria un altro piatto, semplice, ma netto nei sapori di Carlo Cracco (via V. Ugo 4, 02876774), molto adatto alla calura, direi rinfrescante: risotto (da riso stagionato, si trova fino a 7 anni), sesamo nero e mela. Ho altresì “trattenuto in gola dal piacere” una vera e propria sinfonia provocata dalla mantecatura dei tagliolini di farina di carrube fatta con broccolo fiolaro (ahimè non più ora in stagione), ostriche, garusoli e limone della Peca di Lonigo (via Giovannelli 2, 0444830214) così come la sapidità golosa degli spaghetti di farro con acciughe di Ponza, briciole di pane e peperoni alla cenere e i crudi (o meglio sarebbe chiamarli ancora i vivi) de Il San Lorenzo di Roma (via dei Chiavari 5, 066865097). Sempre a Roma, di una serata estiva con leggera pioggia nella bella terrazza della Pergola di Heinz Beck, porto ancora i profumi e un caleidoscopio di sapori di una spalla di maialino iberico alla liquerizia con purè di patate alle erbe e salsa di olive taggiasche e con una sfoglia di calamari con piselli e salsa di menta. Dulcis in fundo “concentrazione di un ossobuco” un gioco palatale di Massimo Bottura (Osteria La Francescana di Modena) che fa capire come un sapore possa restare appunto nella valigia dei ricordi sensoriali. La memoria non è solo per chi assaggia, ma lo è soprattutto nella creatività, sia della cuoca di casa ma anche dello chef. Il pesce spada su carbonella di mandorle di Pino Cuttaia della Madia di Licata è uno straordinario esempio di una ricostruzione di profumi e sapori della sua infanzia tradotti in una pietanza davvero riuscita. Sine qua non!

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