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Il Sole 24 Ore

Quella terra rossa che fa buono il vino ... Su soli 400 ettari coltivati a vite nascono il Vitovska e il Terrano nel rispetto di tradizioni enologiche millenarie ... Gobba a levante luna calante. E, con la luna che in questi giorni si assottiglia in una falce di luce, è anche tempo di potare le viti. La saggezza dei vecchi soffia forte sul Carso e Benjamin Zidarich, come tanti colleghi che curano le viti sull’altopiano e fanno vini preziosi, è tra i filari delle sue vigne a Duino Aurisina. “Questa terra - spiega l’imprenditore che produce circa 28mila bottiglie all’anno - ha una tradizione secolare nella viticoltura, tramandata di padre in figlio e noi siamo eredi”. Eredi e consci di dover mantenere quella qualità che faceva arrivare Vitovska, Terrano e Malvasia ai conviti della Roma antica e sulle tavole dell’Impero austroungarico. Il Carso è una virgola di terra ventosa e profumata che avvolge Trieste, un territorio di soli cinque Comuni, per 400 ettari vitati. Un nulla - parrebbe - che le 5 aziende produttrici e imbottigliatrici fanno diventare ricchezza. “La nostra dimensione è quella di questa terra”, esordisce Sandi Skerk, presidente della denominazione Carso all’interno del Consorzio dei vini del Collio e del Carso, nato nel 2010 dalla fusione delle sue associazioni.
Dalle cantine sul Carso, vere opere d’arte scavate nella roccia calcarea, escono circa 6oomilabottiglie all’anno per un fatturato stimato in 6 milioni: numeri di nicchia assoluta (anche solo rispetto al Consorzio del Collio con 200 produttori e 6 milioni di bottiglie) che sono la forza di questi vini. “Lo spazio che abbiamo a disposizione - continua il presidente - è pochissimo ma davvero generoso: il velo di terra rossa che i nostri vecchi estrae- vano dalle doline e con la quale hanno ammantato il Carso ha caratteristiche che rendono i nostri vini rossi (Terrano) e bianchi (Vitovska e Malvasia) unici”. Su questo lavora il Consorzio: qualità assoluta e cura antica delle vigne. “Dalla potatura all’imbottigliatura - prosegue Skerk - tutto avviene secondo protocolli scritti nella memoria di questa terra e delle perso ne che la lavorano: sono i metodi che ci hanno tramandato i vecchi, senza additivi né concimi chimici”. La qualità è custodita nella totale naturalezza della produzione e nella mineralità spinta che la terra rossa regala con altrettanta naturalezza al Terrano e alla Vitovska. Così, pur in presenza di una produzione di piccole dimensioni e biologica al 100%, le 35 aziende del Carso vantano molte citazioni sulle Bibbie dei vini (tre hanno ottenuto tre bicchieri sul Gambero Rosso) e un’esportazione di alto profilo: una bottiglia su tre nata sull’altopiano finisce su tavole straniere, quelle che, per vocazione, hanno un legame antico con Trieste, quindi tutti i Paesi della Mitteleuropa, ma anche Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Russia. “Le richieste che arrivano dall’estero - dice il presidente - sono in continuo aumento ma non siamo in grado di soddisfarle sempre” perché la produzione sul Carso è ferma da anni. Sempre gli stessi 400 ettari, cento in meno rispetto ai 500 che venivano coltivati a inizio Novecento: ecco il vero nodo per la crescita dei vini del Carso. “Una massa infinita dileggi che impongono vincoli paesaggistici, idrogeologici e altri legati alle concessioni edilizie dissuadono anche il più volenteroso imprenditore: ci vogliono fra i tre e i quattro anni per ottenere una concessione e impiantare nuovi vigneti. Così, spesso ci si imbarca in un lungo iter burocratico senza avere certezza che, alla fme del tunnel amministrativo, sia possibile avviare un nuovo vigneto”. Così il Carso non cresce: eppure nuovi filari sarebbero veicolo di sviluppo per il territorio, di nuova occupazione in un’area che ha fatto troppo spesso nella storia i conti con difficoltà economiche pur in presenza di asset vitali per la crescita. La stessa conformazione di queste rocce, così aspre e prodighe di sapori, è ricchezza, anche se impiantare un vigneto costa più che altrove: la roccia calcarea va abbattuta per creare micro-terrazzamenti da ricoprire con la terra rossa carica di minerali ferrosi. La bontà dei vini del Carso non è solo merito della conformazione morfologica ma anche del clima: “Sull’altopiano il clima è più fresco con forti escursioni termiche; sulla costa la presenza mitigatrice del mare fa maturare le uve prima che altrove”, spiega l’agronomo Alessandro Zanutta.
A sostenere la generosità delle terra e la perizia degli uomini è stato approvato dalla Comunità Europea anche il progetto transfrontaliero Agrotur che coinvolgerà il Consorzio Collio-Carso, gli atenei di Trieste, Udine e Nova Gorica (Slovenia), e l’Istituto agrario di Lubiana, per trovare procedure standard nella viticoltura e nella vinificazione lungo il confine. E per produrre vini eredi di quel pucinum, citato dallo storico Plinio il Vecchio e amatissimo dall’imperatrice Livia, che visse fino a oltre 80 anni.

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