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Il Sole 24 Ore

Gaja: “Va costruito più valore aggiunto” ... Non ha mai pensato di affidarsi a un’archistar per avere una cantina firmata. Non vuole ristoranti o relais sulle sue colline. E non apre le porte ai visitatori. Se arrivano in Langa possono guardare le sue vigne a rispettosa distanza, senza portarsi a casa nemmeno una bottiglia. Nessuna vendita diretta. Angelo Gaja, l’uomo che ha creato nel mondo il mito del Barolo, è fatto così. Diretto, a volte ruvido, impetuoso. Animato da grandi certezze, da cinquant’anni tira dritto per la sua strada. Concentrato sul prodotto. “La qualità si fa in vigna - ha spiegato nel corso di una degustazione durante il Vinitaly - lavorando tra i filari 1.600 ore l’anno”, in un’ottica di gestione familiare con il pieno controllo delle fasi produttive. Non pretende di insegnare niente a nessuno questo signore del vino, ma è chiaro che il modello che ha in mente è quello di un artigianato di altissima qualità. Dove non c’è posto per la finanza e le diversificazioni. “La mia famiglia vuole solo fare vino buono e continua a farlo sugli stessi terreni”. A Barbaresco, dove da venticinque anni non si è aggiunto un metro di vigna. Le uniche acquisizioni sono state effettuate in Toscana, a Bolgheri e Montalcino. Il vino italiano sembra vivere una stagione d’oro. Una bottiglia su quattro venduta nel mondo arriva dalle nostre cantine e l’export ha toccato i 4 miliardi di euro. Ma il produttore piemontese invita a “non esagerare con i peana”.
Abbiamo il primato assoluto di vendite di vino all’estero, spiega, “la Francia esporta il 40% in meno dell’Italia in volumi, ma il prezzo medio delle nostre bottiglie è quasi tre volte inferiore a quello francese. Dobbiamo costruire più valore aggiunto, investire nelle aziende, nella rete commerciale, negli uomini e nelle donne che lavorano con noi, non nella finanza”.
Rifuggendo da parole d’ordine ormai superate. “Sento ancora parlare in giro di “fare sistema” o “cabina di regia” - si infiamma - sono espressioni abusate che non fanno bene al mondo del vino.
L’esperienza fallimentare di BuonItalia brucia ancora e il rischio dell’assistenzialismo in- fruttuoso è dietro l’angolo”. Perché spesso si pensa a come ottenere finanziamenti invece
di definire una strategia efficace. Presentare insieme prodotti con identità e tradizioni tanto diverse (l’Italia ha più di 500 tra Doc, Igt e Docg) non è certo facile, ammette Gaja, ma è essenziale elaborare progetti molto dettagliati, integrando i valori della territorialità, dalla storia alla cultura alla cucina. Sabato scorso lui non era al palazzo della Ragione di Verona, dove ha mandato le figlie, ma ha apprezzato l’iniziativa di Vinitaly e Wine Spectator che hanno organizzato un grand tasting delle cento più importanti etichette italiane. “Costruire un ponte con la rivista del vino più importante del mondo - dice - forte di tre milioni di abbonati è una mossa strategica intelligente”. Soprattutto se mette in vetrina i grandi artigiani del vino.

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