Le bollicine Ferrari conquistano New York ... Crescere sui mercati internazionali non perché si sia smesso di farlo in Italia ma perché èuna grande opportunità: Matteo Lunelli, 38 anni, presidente della Ferrari, brand leader delle bollicine italiane, riassume efficacemente il progetto del gruppo trentino. L’export di vino crescerà del 25% anche quest’anno (con ricadute significative sui ricavi complessivi 2012), una conferma che la strategia della famiglia Lunelli funziona: “Le nostre bollicine - spiega l’imprenditore - rappresentano l’eccellenza italiana e ci piace unirle a eventi con Prada, Zegna, Kartell e designer di successo per richiamare l’arte del vivere italiano. Un riconoscimento che costa ingenti investimenti nella qualità e nella costruzione del brand, ma l’export rimane una priorità strategica”. Le bollicine Ferrari nascono dall’enologo Giulio Ferrari e dal suo sogno di creare in Italia un vino ispirato al migliore champagne di Francia. Oggi i prodotti italiani non hanno la storia e l’immagine dei francesi, ma li seguono da vicino. Sul mercato numero uno al mondo, gli Usa (che conoscono il fenomeno Prosecco), “oramai ci percepiscono - sostiene Lunelli - come il “brindisi e l’eccellenza italiana” e a volte ci collocano, unica bollicina, accanto a Gaja, Barolo, Sassicaia e Ornellaia. Per rafforzarci negli Usa, in parallelo agli importatori, abbiamo istituito il resident manager, come in Germania. Lo stiamo facendo anche in Cina che è un mercato minuscolo ma dalle buone prospettive”. Tuttavia nel mercato più ricco del mondo, gli Usa, c’è il piccolo problema della concorrenza dello champagne, in particolare di leader brand come Moet & Chandon e Veuve Clicquot. Sui prezzi “siamo in linea con la media della parte bassa degli champagne - precisa Lunelli - ma con i millesimati siamo sopra i grandi brand. In definitiva non siamo il low cost dell’eccellenza ma l’alternativa allo champagne”. L’anno scorso Ferrari ha realizzato ricavi per 57,8 milioni, in crescita del 4%, un Ebitda di circa 21 milioni e un utile netto di 8,7 milioni, i15% del fatturato. L’export ha pesato solo per 5 milioni, di cui tre in paesi extra Ue. “Questo ci fa dire - aggiunge l’imprenditore - che gli spazi di crescita sono ampi e noi contiamo di sviluppare l’export al ritmo del 25-30% all’anno, fino all’effetto valanga”. La società trentina vanta un autentico polmone finanziario, oltre 100 milioni di patrimonio netto a fronte di debiti trascurabili,3,3 milioni. Rilevanti le immobilizzazioni “perché - spiega Lunelli - chi fa qualità deve avere il prodotto in affinamento: abbiamo vino in maturazione per due anni ma anche diverse annate per e io anni, quest’ultima di Ferrari Riserva del Fondatore”. Nel bilancio Ferrari, però, non sono comprese le attività di asset come la grappa Segnana, i vini trentini Lunelli, i toscani della Tenuta Podernovo e gli umbri della Tenuta Castelbuono. La multinazionale trentina, sebbene managerializzata, rimane una società familiare con Matteo e i cugini Camilla, Marcello e Alessandro che rappresentano la terza generazione. Cosa ne pensa delle acquisizioni la nuova generazione? “Non è facile oggi - conclude Lunelli - trovare brand di grande qualità in vendita. Se però spuntassero ci interesserebbero”.
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