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Il Sole 24 Ore

Vino, i produttori chiedono più tutele ... Accordo Usa-Ue. Vertice il 9 dicembre... Il capitolo vino irrompe nel negoziato commerciale Usa-Ue. Dopo le prime richieste avanzate già nei mesi scorsi dal Ceev (il comitato éuropeo delle industrie del vino) adesso anche i produttori italiani chiedono con forza che il vino rivesta uno spazio centrale e non rimanga ai margini del Transatlantic Trade and Investiment Partnership (TTIP). Il negoziato vivrà un appuntamento importante con l’incontro, in calendario il prossimo 9 dicembre fra il Commissario Ue al Commercio, Cecilia Malmstrom e il suo omologo Usa Michael Froman. Mentre il tema del ruolo del vino nel TTIP sarà invece al centro del Consiglio dell’Unione italiana vini che si terrà il prossimo io dicembre. Il mercato statunitense è ormai da anni il principale sbocco per le esportazioni italiane, d’altro canto l’Italia vanta la leadership dal 2002 quando sorpassò la Francia. il giro d’affari delle etichette made in Italy negli Stati Uniti già nel 2013 ha superato la soglia del miliardo di euro e con ogni probabilità registrerà nel 204 un nuovo record visto che le vendite, nei primi 9 mesi dell’anno, sono cresciute del 4,9%. Ma al di là dei risultati, il mercato americano mantiene ancora inespresso un grande potenziale. Ed è per questo che vanno sciolti alcuni nodi che ancora frenano le spedizioni. Fra i capitoli irrisolti al primo posto c’è quello delle indicazioni geografiche oltre ai vincoli legati alle barriere all’ingresso. Sul piano delle indicazioni geografiche i produttori italiani e francesi lamentano che negli Usa nomi come Chianti, Marsala o Champagne siano considerati “semigenerici”. il che significa che possono essere utilizzati per i propri vini anche da produttori locali mentre i vignerons europei vorrebbero l’esclusiva su termini che valgono decine di milioni di bottiglie. “La posta in gioco è alta - spiega il viceministro allo Sviluppo economico, Carlo Calenda - anche per Chianti, Marsala e Champagne la nostra linea di condotta non può essere diversa da quella generale. L’obiettivo è ottenere nel TTIP lo stesso risultato raggiunto nell’accordo tra Ue e Canada e che ha introdotto il principio della coesistenza”. Sul mercato cioè resterebbero in vigore le etichette Usa che si rifanno a nomi europei ma non sarà possibile crearne di nuove e dovrà essere chiarito in maniera inequivocabile che quel tale Chianti o Champagne sono prodotti negli Usa e non in Italia o Francia. Ma se per Ig la strada maestra è quella del compromesso, diverso è invece il capitolo delle barriere all’ingresso. “Sotto questo profilo - prosegue Calenda - ci aspettiamo significativi passi avanti. D’altro canto perderebbe di senso un negoziato commerciale che non punti i un deciso taglio (se non azzeramento) dei dazi e a una profonda semplificazione burocratica”. “Siamo consapevoli- aggiunge il presidente dell’Unione italiana vini, Domenico Zonin - dell’impegno messo in campo dal viceministro Calenda e ci auguriamo si giunga in tempi rapidi a una conclusione. Tuttavia non ci fa certo piacere l’ipotesi di dover condividere con gli americani nomi come Chianti o Champagne che riteniamo patrimonio europeo. Restiamo tuttavia fiduciosi sul negoziato dal quale ci attendiamo passi avanti anche sulle pratiche enologiche utilizzate in Europa e non riconosciute negli Usa oltre che sul nostro vino biologico che non risponde alle regole americane e che quindi non può riportare in etichetta il termine Organic”.

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