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Il Sole 24 Ore

L’indice Liv-ex sui vini premia il Bordeaux ... Nei calendari di appuntamenti delle maggiori case d’asta, quella dei vini è una voce stabile. E l’investimento in vini stuzzica sempre più persone, che però devono subito fare la differenza tra l’acquistare una buona bottiglia di vino da bere con gli amici e fare un acquisto che poi nel tempo possa permettere una rivalutazione del bene acquistato e una sua possibile “rivendita”. Per i vini da investimento esiste anche un indice future, il Liv-ex o, meglio, una serie di indici che “controllano” la redditività degli investimenti sul vino. I vini monitorati provengono innanzitutto da diverse regioni della Francia, con in testa i Bordeaux, mentre quelli italiani costituiscono un’unica categoria che va conquistando spazi crescenti. Nel 2015 1’Italia (essenzialmente con baroli e supertuscan) ha conquistato il secondo posto per quanto riguardala quota di mercato sul Liv-ex, attestandosi al 7% degli scambi, al secondo posto dopo la regione del Bordeaux (che tradizionalmente la fa da padrona, anche se perde terreno) e prima della Borgogna. Chi si volesse rivolgere a questo mercato deve quindi tener conto di queste preferenze geografiche da dare per “acquisite” per i vini considerati da investimento. Occorre poi considerare che (tralasciando l’acquisto di azioni di produttori vinicoli) l’investimento invino può essere appunto fatto sia acquistando direttamente bottiglie sia acquistando quote di fondi che investono comprando loro vini pregiati. Nel primo caso c’è il piacere di portare a casa e poter mostrare agli amici (e, in caso sene fosse tentati, stappare) la bottiglia acquistata, mentre nel secondo l’acquisto è indiretto e ovviamente prevale l’aspetto finanziario. Anche se va detto che i fondi che investono in vino, che non sono moltissimi, hanno soglie di ingresso piuttosto alte (intorno ai 100milaeuro, per intendersi) e quindi vanno a completare l’asset al location di persone particolarmente abbienti. Quando ci si vuole girare al mercato del vino, spiega Alessandro Regoli, direttore del sito Winenews.it, “La logica è sostanzialmente quella collezionistica, per un bene, il vino, capace di crescere la propria qualità nel tempo, avere una diffusione relativamente scarsa e che, nel tempo, si riduce ulteriormente”. Un altro vantaggio, prosegue Regoli: “È dato dal peso di un vero e proprio “mercato secondario”, rappresentato dalle case d’asta, i cui risultati sono poi seguiti con molta attenzione dai mass media”. Ma quanto occorre investire? “Una cifra intorno ai 30.000 euro all’anno può rappresentare una base sufficiente per cercare di accaparrarsi le bottiglie che davvero “contano” e che possono rilevarsi un investimento redditizio. Si tratta di acquistare, in casse da sei, bottiglie costose dal prezzo unitario che parte, in media, come minimo dai 250/300 euro a bottiglia”. Sul fronte delle case d’aste, Francesco Tanzi, esperto divini da investimento e da collezione della casa d’aste Pandolfìni, spiega “La nostra clientela ci richiede un ristretto numero divini si tratta di circa 10 etichette importanti italiane e di 10/15 francesi. Un mercato peraltro promettente. “Pandolfini organizza tre eventi l’anno sul vino. Il nostro fatturato è di 1.200.000 euro l’anno. I clienti sono soprattutto italiani, anche se con la vendita online ci possono essere clienti da qualsiasi parte del mondo. Una caratteristica che apprezzano è la cura maniacale con cui verifichiamo l’origine e lo stato di conservazione delle bottiglie che proponiamo in asta”.

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