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Il Sole 24 Ore

Vino e food sono la Ferrari del Made in Italy ... Siamo nel periodo di massima popolarità della cucina italiana, grazie anche alla consacrazione internazionale di alcuni cuochi nazionali che, a partire da Massimo Bottura, vengono ormai considerati e trattati alla stregua di movie star. Tuttavia, se da una parte la visibilità mediatica amplifica la percezione di questo fenomeno, dall’altra le ricadute potenziali sul sistema economico sono ancora ampiamente inespresse, a causa della mancanza di politiche coordinate per valorizzare le connessioni tra cucina, produzione e distribuzione agroalimentare, ma anche turismo e cultura.
il ragionamento è semplice e non è nuovo: sfruttare la potenza del brand Italia nel food and wine per aumentare le esportazioni, riconquistare l’ampia quota di mercato internazionale occupata da prodotti contraffatti o ingannevoli, sostenere la creazione di piattaforme distributive e di reti nella distribuzione e nella ristorazione, aumentare l’attrattività del paese verso i turisti affluenti da tutto il mondo. Ognuno di questi obiettivi può essere raggiunto mediante una serie di azioni molto precise, che coinvolgano diversi attori delle filiere e che utilizzino i cuochi italiani come ambasciatori del food and wine nel mondo. Non è un progetto banale perché le competenze di governo sono segmentate tra diversi ministeri e alcune materie sono di pertinenza delle regioni, per cui è comprensibile che il passaggio dall’idea alla realizzazione possa avvenire soltanto attraversando un terreno inesplorato e spesso impervio. Sarebbe invece incomprensibile se a questo punto non ci si provasse. Sarebbe come se un’impresa avesse un brand pazzesco, noto in tutto il mondo, avesse un team di promotori fuoriclasse, avesse una gamma di prodotti impareggiabile lasciasse ad altri i propri mercati. Sarebbe come se la Ferrari chiudesse tutti i propri punti vendita e tenesse le automobili chiuse in un magazzino a Maranello. Cosa si può fare dunque in questo campo? Serve anzitutto un salto quantico di tipo cognitivo, iniziando a considerare questo tema come una cosa seria e non come un capriccio edonistico; una cosa che può contribuire alla crescita del Pil in maniera apprezzabile. Se c’è accordo su questo, serve un’azione di Governo, finalmente con un forte endorsement del Presidente del Consiglio perché è l’unico modo per coinvolgere Ministeri diversi e Regioni, tutti importanti per raggiungere l’obiettivo. Le iniziative finalizzate a valorizzare l’eccellenza italiana in questo campo esistono già, ma non sono coordinate. Serve una cornice, nella quale possano trovare spazio numerose azioni promosse e realizzate da soggetti pubblici e privati, ma coerenti, collegate e sinergiche.
Il primo dei grandi capitoli di un simile progetto riguarda il potenziamento delle imprese del settore mediante azioni che favoriscano la crescita dimensionale o la condivisione di alcune fasi della catena del valore. Si tratta di un obiettivo importante sia per le imprese di produzione, sia per le realtà distributive, troppo piccole per competere a livello globale in questo settore.
Un secondo punto deve orientare le imprese di ristorazione italiana, con particolare riferimento a quelle di alta qualità, verso diversi modelli di business, orientati alla replicazione e allo sviluppo internazionale.
Una terza area di intervento riguarda la difesa del brand Italia e le attività di comunicazione necessarie a diffondere la consapevolezza dei valori e delle caratteristiche delle produzioni italiane autentiche. In questo campo i cuochi, insieme alle rappresentanze diplomatiche, gli istituti italiani di cultura e alle imprese italiane presenti all’estero possono fare moltissimo. La consapevolezza del vero made in Italy è molto bassa e limitata agli addetti ai lavori o a fasce di clienti evoluti, non necessariamente ad alta capacità di spesa.
Una quarta area di intervento non può non considerare il potenziale di attrattività del food and wine italiano per il turismo internazionale, anche in una prospettiva di valorizzazione dei beni e delle attività culturali. Qui le cose che si possono fare sono moltissime, anche se i problemi di coordinamento delle politiche per il turismo sono ben noti. In questo settore specifico però esiste la possibilità di coinvolgere facilmente le Regioni, in considerazione dell’interesse alla promozione dei territori.
Infine la formazione. Oltre all’impegno per il consolidamento della formazione tecnica anche in questo settore, serve un grande sforzo per sviluppare le competenze manageriali perché le piccole dimensioni delle imprese e la loro natura familiare evidenziano la necessità di un forte potenziamento nelle capacità di affrontare la competizione internazionale con strumenti adeguati. Anche in questo campo bastano poche risorse per un salto di qualità significativo; le strutture di formazione superiore per imprenditori e manager sono in grado di sostenere questo impegno.
Expo2015 è stato un grande successo e ha posto le basi per una crescita in questo campo, dimostrando anche che la collaborazione tra parti diverse porta risultati. Ora serve un impegno che guardi al futuro in una logica di integrazione duratura per sostenere una crescita di sistema. Sarà la volta buona?

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