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Il Sole 24 Ore

I millennials target americano … Mercato in espansione. È di 230 milioni la popolazione che può consumare alcolici, 70 milioni di giovani... L’Italia può brindare al mercato statunitense. Il vino della penisola fa sempre più gola ai consumatori americani, sia alla giovane generazione dei Millennials che ai loro più facoltosi “genitori“ Baby boomers. Una tendenza, oltretutto, che offre ancora significative opportunità di affermazione e crescita e che legittima attuali e ulteriori sforzi, da parte dei produttori e degli enti italiani preposti alla promozione del vino. Trova, infatti, sostegno in cifre non da poco: nei primi undici mesi del 2016, i dati più recenti, la quota dei palati americani conquistata dalle bottiglie del “made in Italy“ sul totale dei vini importati nel Paese è stata del 32,4 per cento. Superiore alla già robusta percentuale del 32% registrata nell’intero 2015 e un incremento del valore del 5,9% a 1,65 miliardi di dollari. In tutto il 2015 il valore dei vini italiani che hanno attraversato la frontiera statunitense è stato di 1,7 miliardi di dollari. È una presenza che conferma l’Italia leader nel settore, davanti al 29,3% della Francia. Gli altri Paesi concorrenti, dalla Nuova Zelanda all’Australia e al Cile, hanno tutti percentuali inferiori al 10 per cento. Dal punto di vista del Made in Italy, il vino è oggi la voce maggiore nell’export agroalimentare verso gli Stati Uniti, il 40% del totale, e rappresenta il 4% delle esportazioni complessive oltreoceano. Guardando all’importanza del mercato statunitense, questo assorbe ormai un quarto della produzione italiana che viene destinata all’export. La promessa di ulteriore crescita è a sua volta contenuta nei numeri. Il consumo di vino è lievitato tra il 2014 e il 2015 del 7,2%, a oltre dieci litri procapite l’anno. E il mercato statunitense, come in molti altri casi, si dimostra il più grande anche per il vino: 53 miliardi di spesa annuale, dei quali 15 miliardi diretti sui vini d’importazione. Più in dettaglio la popolazione in età da poter co-sumare alcolici, quella sopra i 21 anni, è di 230 milioni, con 28 milioni considerati bevitori frequenti (vale a dire almeno una volta alla settimana). I giovani Millennials che possono consumare vino sono ormai ben 70 milioni. I Baby boomers da parte loro sono propensi a spendere di più per prodotti di qualità. Nell’insieme i consumatori americani sono concentrati per il 52% in alcune regioni più popolose, dal Nordest attorno a New York al Texas, dalla California alla Florida e all’Illinois, e, sondaggi alla mano, sono sempre più propensi a comprare e consumare bottiglie piuttosto che a limitarsi a bere al ristorante, in una proporzione del 60% contro il 40 per cento. Sempre dai sondaggi deriva una predisposizione favorevole ai vini italiani. Le vendite di vini, dunque non a caso, hanno evidenziato una crescita a tutto tondo del made in Italy: le bottiglie meno care, sotto i 20 dollari, hanno mostrato incrementi del 15% l’anno scorso; quelle di prezzo superiore ai 20 dollari sono state comunque protagoniste di un aumento del 12 per cento. Interesse sempre più esplicito emerge: anche per i vini meno tradizionali e meno noti, dai rosati ai biologici fino ai vitigni autoctoni più rari. Per grandi categorie, i vini bianchi italiani dominano gli acquisti con il 38%, seguiti dai vini rossi con il 34%, dagli spumanti con il 19,5% e infine dai vermouth e vini aromatizzati con il 3 per cento. Proprio gli spumanti meritano un discorso a parte: sono l’unica categoria dove la Francia è tuttora avanti, ma anch’essi hanno mostrato nell’ultimo biennio una significativa crescita. In particolare tra gennaio e novembre dell’anno scorso i vini spumante hanno evidenziato un incremento delle vendite di oltre i1 35 per cento. Bene in termini di ampliamento della loro diffusione hanno fatto anche i vini aromatizzati con un’impennata del 18 per cento. I bianchi si sono distinti con un più modesto aumento del 3,2% e i rossi sono rimasti sostanzialmente stabili, con un ritocco positivo dello 0,3 per cento. Sia i vini bianchi che rossi hanno tuttavia recuperato dopo essere stati reduci da un 2015 che li aveva visti soffrire declini.

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